3 - I nuovi Padroni e la vendita a Genova
Il 2 febbraio 1297, i nuovi prprietati ne presero possesso stabilemdo da subito quali fossero gli obblighi della popolazione, innanzitutto la fedeltà verso di loro e le loro corti, garandendone l'ospitalità almento per tre giorni l'anno, la metà di tutti i proventi derivati da condanne, confische e diritti di mare. Spettava a loro nominare Consoli, Vicari, Podestà e Notai, intervenire nelle nomine più importanti. Addirittura modificare gli Statuti come infatti fecero da subito, nel 1298 e successivamente nel 1303.
Alla loro morte scoppiarono contrasti e rivalità tra gli eredi, ma la divisione delle proprietà era già stata fatta nel 1308 quando, in una delle tante ocasioni di scontri, gli uomini di San Romolo, capeggiati da Andriolo Doria di Dolceacqua, sconfissero i Guelfi di Francesco Grimaldi, uccidendolo insieme a duecento suoi uomini presso Ventimiglia e quindi favorendo dei Ghibellini.
Nel 1318 il Re Roberto d'Angiò, di tendenze Guelfe, divenuto Governatore di Genova, dopo aver sconfitto proprio a Genova Matteo Visconti, intervenne mettendo sotto assedio e battendo Ventimiglia e Dolceacqua. I ghibellini però poco tempo dopo si ripresero Ventimiglia e quindi re Roberto intervenne di nuovo.
Approfittando, il 20 ottobre 1319, del'assenza di Accellino Doria, signore di San Romolo, che era andato in aiuto del cugino a Dolceacqua, i Guelfi sanromolesi fecero un accordo col rappresentante del Re, il siniscalco Giovanni Mansella, accolto da 31 Consiglieri nella sala del Capitolo. Costui si impegnò, a nome del re, che in cambio della loro fedeltà, gli uomini di San Romolo avrebbero conservato i loro diritti, non avrebbero avuto più nuove gabelle e la possibilità di mantenere e modificare i loro Statuti. Inoltre, per la loro difesa si sarebbe mantenuta in città, a spese reali, una forza di fanti e cavalieri.
La città venne rinforzata, ampliando la prima cinta delle mura, che venne ad includere la parte inferiore delle attuali vie Romolo Moreno e Rivolte San Sebastiano, fu scavato un vallo intorno alle nuove mura (i Vallai) e nel 1321 fu costruita la porta di Santo Stefano.
Una targa sopra l'archivolto della Porta, riporta, oltre ai simboli angioini, anche la date dell'evento.
Dopo un altro, intenso periodo di lotte, la città fu nuovamente conquistata dai Doria nel 1331 e con una pace aleatoria, ed il Castrum tornò del tutto di loro proprietà.
Tutto questo periodo però, fatto di lotte e guerre anche all'interno della stessa famiglia Doria, stremati e soffocati dai debiti e non potendo garantire alla loro discendenza un futuro sicuro, decisero di vendere i loro diritti. Dietro consiglio di Genova, visto che oltretutto non erano molto ben visti dalla popolazione locale, tra il 1350 ed il '60 capitalizzarono gran parte delle loro parti, alla cifra di 23.500 lire genovesi, lasciando il resto a singole contrattazioni.
In questo periodo i sanromolesi seppero scrivere una delle pagine più belle e significative della loro storia. Sempre desiderosi di ottenere la massima indipendenza possibile, di tutelare le libertà faticosamente conquistate, decisero di pagare essi stessi le somme richieste dai Doria.
Dapprima i capifamiglia radunarono tutto il denaro disponibile, poi, vedendo che non si riusciva a raggiungere la somma convenuta con Genova, corrispondente alla metà dell'intero valore, le donne si spogliarono di ogni gioiello, dei vestiti e dei mobili, consentendo col loro generoso sacrificio di far fronte all'impegno. L'altra metà fu pagata da Genova, e gli uomini di San Romolo si impegnarono a versare ogni anno, quale quota di interesse, 150 lire genovesi.
Le due parti a questo punto tirarono le somme. Genova era soddisfatta perché San Romolo entrava nella sua orbita d'influenza, e per San Romolo, la soddisfazione ancora maggiore perché col sacrificio di tutti si era potuta riscattare e raggiungere, almeno in parte, una parvenza di libertà.
La data del 15 marzo 1361, quando fu stipulata la convenzione in pompa magna nella cattedrale di San Lorenzo a Genova, sanciva i nuovi rapporti tra le due Città e fu celebrata come una festa già a partire da quel mese stesso con il nome di "Festa delle Catene", manifestazione che raggiungeva il culmine quando vere catene, simbolo dell'asservimento feudale finito per sempre, venivano trascinate per le strade tra due ali di folla plaudente.
Questa festa sarà ripetuta ogni anno, ininterrottamente, fino al 1824.
In quella sentenza arbitrale si sanciva l'obbligo delle due parti. Da parte di San Romolo restavano gli obblighi già stabiliti una volta, cioè la nomina da parte di Genova di podestà, ufficiali dell'amministrazione della giustizia e del potere civile, notai e scrivani, restando però a carico del Comune; San Romolo doveva partecipare con soldati e mezzi proporzionati alle guerre in cui Genova si trovava impegnata e doveva far leva di terra e di mare e contribuire all'armamento marittimo; il Comune non poteva ordinare collette né imporre nuove usanze. Per contro, nell'applicazione della legge valevano gli Statuti di San Romolo; le gabelle, le bandite e le praterie appartenevano al Comune, così come i prodotti dei bandi e delle condanne; gli uomini di San Romolo avrebbero goduto degli stessi privilegi dei cittadini genovesi. Le tasse sui beni del Comune sarebbero state fissate dalle due parti di comune accordo.
Ma come prevedibile, ben presto Genova, visti i suoi gravosi impegni, modificò la Convenzione a vantaggio proprio. Fu così che nel 1385 una sentenza stabiliva che in caso di querra, San Romolo doveva pagare metà della colletta in denaro ma fornire completamente di uomini e mezzi. I sanromolesi, più abili nel patteggiare che nella guerra, proposero ed ottennero invece, di pagare una quota fissa in denaro sia in caso di pace che di guerra. Per la sua difesa il Comune avrebbe provveduto lui stesso.
L'accordo fu ufficializzato iscrivendolo nel libro delle Immunità concesse dal Magistrato di San Giorgio, ma spesso e volentieri Genova cercava di dimenticarsene, tentando di introdurre a sorpresa imposizioni dirette o indirette, la cui accettazione avrebbe fatto decadere le precedenti convenzioni favorevoli a San Romolo. alimentando successivi contrasti soprattuto per l'imposizione da parte genovese di nuove gabelle (del vino, per esempio). Non fosse sufficiente questo, anche la curia vescovile di Albenga pretendeva il pagamento delle decime in uso nei secoli precedenti, portando a un lungo contenzioso. Tale situazione fu alla base del deterioramento progressivo dei rapporti fra San Romolo e Genova, che provocherà numerose ribellioni, fino alla rivolta armata del 1753.
(Fonte: dal libro "San Remo Cuore e anima di una città", op.cit.; Immagini private e dal Web)