5 - La Conferenza di Pace di Sanremo
Tra il 19 e il 26 aprile 1920, veniva convocata in San Remo la seconda serie della Conferenza di Pace , con la partecipazione delle delegazioni inglese, americana, francese, giapponese, belga, iugoslava e italiana, alloggiate nei principali alberghi cittadini.
Sede della Conferenza era il fastoso Castello Devachan, sulla collina del Berigo, al cui arredamento avevano contribuito anche mobili e opere d'arte sequestrate per insolvenza a Gabriele D'Annunzio e acquistate dal primo proprietario, il conte inglese di Mexborough.
Le questioni discusse alla Conferenza di Pace di San Remo riguardavano l'internazionalizzazione degli stretti del territorio turco, l'assegnazione alla Francia del mandato sulla Siria e sul Libano, alla Gran Bretagna quello sulla Palestina e sulla Mesopotamia, nell'ambito della questione ebraica; fu risolto il problema del petrolio e animatamente discussa la questione del disarmo tedesco, rinviando la principali decisioni alla futura conferenza di Spa.
Anche la questione adriatica, che interessava particolarmente l'Italia, fu rinviata a una trattativa diretta; l'accordo fu sottoscritto nel novembre successivo a Rapallo. Il bilancio conclusivo che gli osservatori fecero della Conferenza di San Remo fu quello di una 'vittoria mutilata' per l'Italia, con risultati assai insoddisfacenti per il nostro Paese.
La Conferenza ebbe comunque notevole importanza per il rilancio turistico di San Remo.
Alla sua conclusione, il Presidente del Consiglio Francesco Nitti inviava al Commissario Regio il seguente telegramma:
« Voglia rendersi interprete presso cotesta cittadinanza del mio gradito animo per l'accoglienza amichevole e cortese. I lavori della Conferenza hanno potuto svolgersi serenamente in ambiente che non poteva essere nè più adatto nè più bello. Sono assai lieto di aver desicnato San Remo come sede della Conferenza della Pace. Nitti ». (L. Pippione, La Conferenza di Pace a San Remo, in « Civitas Sancti Romuli », San Remo 1986, pp. 24-32).
Vogliamo qui ricordare che, durante il Regime Fascista, tutte le funzioni del sindaco, dalla Giunta e dal Consiglio Comunale furono annullati e riuniti nella figura del Podestà nominato dal governo tramite regio decreto. Durava in carica 5 anni e poteve essere rimosso solo dal Prefetto o riconfermato dallo stesso.