2 - Il terremoto del 1887
Una battuta d'arresto di qualche anno in questa naturale evoluzione si verificò subito dopo il disastroso terremoto che colpì l'estremo Ponente ligure il 23 febbraio 1887.
Le conseguenze furono drammatiche a Bussana, che ebbe 55 morti e decine di feriti (che fu addirittura abbandonata per essere ricostruita a capo Marine, presso il mare), a Baiardo con 220 vittime e 60 feriti, a Diano Marina e nei paesi vicini.
Dappertutto i danni materiali furono gravissimi, e anche a San Remo si verificarono numerosi crolli, fortunatamente solo con qualche ferito, ma nessuna vittima.
Dei terribili momenti della prima scossa rimane la testimonianza vissuta dal duca Gio Batta Borea d'Olmo, raccolta da Giuseppe Ferrari:
« Era l'alba del giorno delle Ceneri... faceva freddo e un vento gelido scoteva i vetri delle finestre. Quando un boato lontano si ripercosse dal mare e un violento risucchio spalancò, infrangendola di netto, una vetrata... Feci una mossa per alzarmi e recarmi a chiuderla, ma in quell'attimo osservai con stupore mio fratello Agostino anda re su e giù come se fosse su un'altalena. Intorno a noi tintinnavano i vetri, poi un tonfo sordo e la statua del Sacro Cuore precipitò infrangendosi sul pavimento... Intorno sembrava essersi fatto il vuoto, perché l'aria era irrespirabile per la polvere che si era sollevata dal pavimento cosparso di calcinacci, sembrava venire fuori da una fornace tanto bruciava la gola e gli occhi impregnati di lacrime... Intanto dalla strada sentivamo venire grida altissime di raccapriccio e schianti e crolli facevansi udire, mentre un polverone di colore rossastro, denso e corrusco, sotto il sole... si andava fondendo a una fitta nebbia che veniva giù dai monti a ventate consecutive e un odore di zolfo gravava su tutto, mozzando il respiro. Le scosse più disastrose si susseguirono in numero di tre. Alle 6,25, alle 6,32 e alle 8,55... la prima scossa ebbe la durata di 35 secondi... ».
I maggiori danni si verificarono nel settore superiore del quartiere della Pigna e diverse case semidistrutte furono demolite. Il quartiere marino di Pian di Nave fu sconvolto da ondate gigantesche 'mai viste a memoria d'uomo'.
Altra interessante testimonianza è dovuta a M.C. Astraldi:
« Una scossa di terremoto, più formidabile di ogni più spaventevole immaginazione... si fece udire da noi in modo cosi violento, che tutti s'aspettavano da un momento all'altrò di vedere San Remo convertita in un enorme ammasso di rovine. Uno scatenìo di terribili elementi, da far rabbrividire da capo a piedi i più coraggiosi uomini, mise in movimento ogni cosa, dando scossoni che facevano urtare contro le pareti i mobili danzanti, sbatacchiare le porte e le finestre con un fracasso orrendo, scricchiolare sinistramente i muri, e i volti delle case: ed intanto specchi, quadri, candelieri, stoviglie, torri di piatti, si sentivano precipitare al suolo con fragore assordante e frantumarsi; s'udivano le grida strazianti degli inquilini che temevano di essere ad ogni istante schiacciati dal rovinio dei fabbricati rimbombanti di scrosci, di schianti, d'urla disperate e di preghiere; e finalmente, dopo venti secondi di terribili angosce, il moto tellurico cominciò a rimettere della sua furia ed ebbe fine... San Remo fu la città che meno ebbe a lamentare danni, se ne togli qualche screpolatura alle pareti ed alle volte di pochissime abitazioni che formavano il gruppetto delle vecchie case a settentrione del paese; alcune delle quali, già sdrucite da anni, rovinarono e, per fortuna, nessuna vittima umana si ebbe a deplorare... Grande spavento accolse i forestieri, che stanziavano negli Hotels: uomini, donne, si precipitarono fuori dei loro appartamenti, scesero in fretta e furia le scale, e molte signorine in camicia si videro sulla pubblica via e nei giardini... ».
I soccorsi e gli aiuti, subito organizzati, fecero capo alla Società di Beneficenza di San Remo; gli atti di coraggio e di abnegazione furono innumerevoli. Poco dopo il Comitato dei soccorsi pei danneggiati, presieduto dall'on. Giuseppe Biancheri, raccoglieva ingenti fondi che provvedeva a distribuire alle sventurate popolazioni della provincia di Porto Maurizio.
L'intervento dei soldati del Genio, chiamati per demolire le parti pericolanti, fu purtroppo l'occasione per un'affrettata e non felice decisione dell'Amministrazione comunale di far abbattere preziose testimonianze storiche, che potevano e dovevano essere salvate. L'intera zona sottostante l'area del castello, comprendente gli edifici affacciati sui vicoli Casevecchie e Caveire e su via Porte Santa Maria, la più antica della città, fu rasa al suolo.
Nelle rovine caddero anche la torre quadrata citata quale "turris in summitate" in un documento del 1217, il palazzo di giustizia voluto nel 1273 da Federico da Vezzano, il vecchio palazzo arcivescovile, l'antica chiesa di San Pietro (in seguito dedicata a San Costanzo), le porte Candelieri e di Santa Maria, oltre a quanto rimaneva del castello. Sulla vasta area così liberata vennero ricavati i giardini Regina Elena.