Casa di Riposo Borea e istituto Zeffiro Massa
Era il 22 giugno 1871 quando nel palazzo comunale di San Remo, (il palazzo è quello ancora di proprietà comunale oggi museo, con ingresso da piazza Nota), venne letto il testamento in cui il Reverendo Canonico Avvocato Giovanni Battista Borea aveva istituito un Monte di Pietà che doveva essere amministrato dalle persone più in vista della città, parroco di San Siro e sindaco in testa.
Nacque casì il “germe” di quella che diventò, a cavallo di due secoli, un'istituzione cittadina alla quale i sanremesi sono particolarmente affezionati.
E’ la storia, affascinante di lasciti, donazioni, benefattori, gli interventi di cittadini benemeriti a favore dei poveri , dei bisognosi. degli anziani e degli orfani.
Ospizio Borea, Fondazione Zeffiro Massa, l'opera di Petronilla Sapia e i grandi benefattori Ernesto e Giovanni Marsaglia sono alcuni dei nomi contenuti nella lontana costituzione dell'Ospizio Borea Massa Marsaglia che ha mutato più volte volto nel corso del lungo arco di tempo che lo ha visto protagonista della vita sociale di Sanremo.
Oggi l'istituto di assistenza è, come visto, organizzato in fondazione. la fondazione Borea e Massa. La trasformazione è stata deliberata nel 2003 dalla Regione che ha riconosciuto la personalità giuridica di diritto privato alla istituzione di assistenza e beneficenza «Casa di riposo Giovanni Borea e Istituto Zeffiro Massa».
Il CDA della fondazione è nominato dal Consiglio Comunale e dal sindaco.
Tra le nomine si ricorda quella del 2005 quando a guidare l'ente fu indicata Patrizia Peotta, che si dimise nel 2008. E nello stesso anno presidente divenne Rosalba Nasi già commissario dell'ente, da un decennio vero e proprio punto di riferimento per il Borea. AI suo nome. per la verità sostenuto da più parti politiche, è legato il tentativo di risanamento dei bilanci, il rilancio dello storico ente e i lavori di ampliamento e ristrutturazione, in particolare quelli dell'ala di ponente.
Nel 2009, per le opere sociali a Rosalba Nasi è stato attribuito il prestigioso “Premio San Romolo” proprio per la sua opera a favore della casa di riposo, dove nel frattempo sono stati realizzati anche l'asilo nido interaziendale “La Cicogna” e il moderno Centro di socializzazione per disabili affidato all'Anffas.
Nel 2012, allertata da alcuni parenti, accortisi che qualcosa non andava dopo aver notato qualche livido sospetto, la Guardia di Finanza aprì un'inchiesta, denominata "Acheronte", durante la quale aveva scoperto, attraverso le immagini di telecamere nascoste, scene agghiaccianti. Ad esempio, c’era un operatore che passando in corridoio accanto ad una vecchina, immobile sulla sedia a rotelle addossata al muro, all’improvviso, senza mostrare apparentemente alcuna emozione, le aveva sferrato una gomitata in pieno volto, continuando a camminare.
Una storia di violenze, i filmati della quale avevano fatto il giro d’Italia: nonnine gracilissime sbattute con forza sui loro letti, ai quali in alcuni casi venivano legate; uomini anziani malmenati e insultati; disabili trattati come bestie.
Furono incriminati diversi dipendenti, tra infermieri e Operatori sanitari, che, processati furono condannati alcuni con rito abbreviato ed altri patteggiando la pena sui tre anni.
Invece a processo andarono direttamente tre dirigenti dell'Istituto, tra i quali Rosalba Nasi.
Durante il processo, svoltosi nel 2017, il PM nella sua conclusione aveva ricordato « Nessuno degli imputati aveva mai fermato questi comportamenti illeciti nonostante le lamentele avanzate dai familiari degli anziani vittime dei soprusi. Gli imputati hanno omesso qualsiasi tipo di vigilanza nella struttura, ma piuttosto erano preoccupati per l’immagine della struttura. Eppure i segnali d’allarme c’erano ed erano stati numerosi ».
Il processo si concluse con due assoluzioni, perchè il fatto non costituisce reato per il presidente della Cooperativa Airone di Imperia, Stefano Bisiani, per non aver commesso il fatto un dipendente del Borea, Benito Viale ed una condanna per Rosalba Nasi a due anni di reclusione con sospensione condizionale della pena per la quale era stata chiesta una condanna a un anno e otto mesi, oltre al risarcimento della parte civile: l’Asl, la fondazione Borea e i parenti degli anziani vittime delle violenze.
Nel ricorso presentato alla Corte d'Appello di Genova, la Nasi fu assolta per non aver commesso il fatto, e quindi scagionata da ogni addebito, sia penale che civile con sentenza del 29 marzo 2019 che ribaltò quella di primo grado.
I tre personaggi-chiave legati alla nascita e allo sviluppo.
Giovanni Battista Borea era nato a Sanremo nel 1793, mentre imperversavano le armate rivoluzionarie francesi. Sacerdote, canonico e avvocato, aveva ricevuto in eredità da uno zio case e terreni con l’obbligo di utilizzarne le rendite per creare una dote alle ragazze povere.
Nel 1871 dispose per testamento di destinare i propri beni anche alla creazione di un Monte di Pietà, cioè un ente che erogava prestiti senza fini di lucro dietro garanzia di un pegno, messo all’asta in caso di mancata restituzione della somma: in assenza di Casse di Risparmio o altri istituti finanziari, chi allora a Sanremo aveva bisogno di denaro finiva infatti nelle grinfie degli usurai.
Giovanni Borea morì poche settimane dopo avere dettato le sue volontà: una limonaia, un vasto immobile e i relativi arredi confluirono quindi – con grave disappunto dei nipoti – in un fondo destinato alla nascita del Monte e al sostegno delle fanciulle indigenti.
L’argenteria della casa scomparve e i nipoti impugnarono il testamento dello zio prete. Inutilmente.
Un Regio Decreto del 27 luglio 1873 eresse il Monte di Pietà in Corpo.
Ma Sanremo stava andando incontro a una rapida trasformazione.
La costruzione della ferrovia e massicci investimenti nel settore alberghiero mutavano una cittadina marittima circondata da agrumeti e ulivi in una celebrata "ville de saison", soggiorno invernale di sovrani, aristocratici e borghesi in fuga dai climi insalubri dei loro paesi d’origine.
La popolazione aumentava, nascevano nuove banche: il Monte di Pietà si rivelava un’istituzione obsoleta, mentre venivano in primo piano i problemi legati all’assistenza di anziani privi di mezzi e persone inabili al lavoro.
Ritenendo di non tradire la volontà benefica del canonico, nel gennaio 1886 il Monte fu convertito nel "Ricovero di Mendicità Giovanni Borea".
Aggiustata almeno in parte la situazione di chi non poteva più lavorare, restava da pensare a chi non era ancora in grado di farlo.
E nel 1888 al Ricovero Borea venne associato un orfanatrofio. «Spietata e senza cuore è quella società – scriveva Michele Costantino Astraldi – la quale è simile all’oceano, che rugge incollerito, e che, non reggendo i corpi dei naufraghi avvolti dalle irate onde, si chiude reboando e si appiana».
In un’epoca in cui non esisteva assistenza pubblica e la società somigliava davvero all’indifferente oceano descritto dallo storico locale, solo la beneficienza privata riusciva a tamponare le sofferenze dei più deboli.
Zeffirino Massa – la seconda delle nostre figure di riferimento – era un semplice impiegato di Prefettura. Nato a Sanremo nel 1832, destinato in apparenza a morire in fasce per la gracilità, Zeffirino aveva vissuto prevalentemente a Genova.
Nelle sue visite a Sanremo si dedicava all’assistenza degli orfani insieme a un’altra benefattrice, certa Petronilla Sappia. Massa conduceva una vita più che spartana, risparmiando sul necessario e attirandosi le critiche di chi lo considerava un incallito taccagno, un avaro incapace di godersi i piaceri della vita.
Ma l’estrema parsimonia non era fine a se stessa: quando morì, nel maggio 1892, si scoprì che aveva accumulato un patrimonio considerevole e lo aveva destinato alla creazione di un asilo per orfani maschi e femmine, o per figli di genitori che non potevano mantenere la prole.
La nuova Opera Pia, amministrata come il Borea dalla Congregazione di Carità cittadina, nasceva ufficialmente nel 1893. Quattro anni dopo le spoglie del fondatore furono traslate da Genova e tumulate a Sanremo con una commossa partecipazione popolare. Nonostante i lasciti di altri benefattori l’Asilo Massa e l’Ospizio Borea mostravano tutta la loro inadeguatezza di fronte alle sempre più numerose richieste di aiuto.
A questo punto entra in gioco il terzo personaggio-chiave della storia:
Giovanni Marsaglia. Con lui ci facciamo strada nel gotha dell’industria e della finanza nazionale, e non solo di quella nazionale. Nato nel 1845, torinese, ingegnere, era arrivato a Sanremo nel 1871 per seguire i lavori della nuova linea ferroviaria.
La storia dei suoi successi inizia quindi con quella del lascito Borea, tanto più che era stato lui l’acquirente del giardino di limoni in regione Pian di Nave, liquidato per far fronte alle necessità dell’istituto.
Giovanni Marsaglia era un vero e proprio magnate, come quelli fioriti in America posando traversine che collegavano i due oceani. Alla metà degli anni ’90 acquistò una vasta area in regione Francia e vi fece costruire a sue spese l’edificio che doveva accogliere anziani, invalidi e orfani. Secondo i contemporanei, Marsaglia aveva imposto il silenzio sull’identità del benefattore; il suo gesto doveva restare anonimo.
Un segreto infranto al più tardi il 5 novembre 1900, quando una lunga malattia finì per stroncarlo, a cinquantasei anni.
Funerale imponente sotto la pioggia che batteva e il vento che fischiava, quasi a ispirare le parole dello storico Astraldi.
Anche i socialisti di Sanremo, con cui l’ingegnere aveva avuto forti attriti e che intendevano sostituire la beneficienza privata con « il diritto e l’assistenza sociale », resero onore ai suoi meriti personali.
Un anno dopo, in cima a una colonna posta davanti alla facciata della sua creazione, da quel momento denominata Asilo di Carità Giovanni Marsaglia, si scopriva il busto del benefattore.
La vita dell’orfanatrofio e dell’ospizio, ormai stabile e in qualche modo armonizzata, proseguì seguendo le vicende di Sanremo e del paese.
I bambini del Massa formarono un’orchestra chiamata la Banda dei Poveri Vecchi, che prendeva parte alle manifestazioni cittadine.
La vita dei ricoverati del Borea, tra le suore della Carità, era scandita da orari militareschi e costellata da storie di varia umanità.
Ad amministrare la Congregazione che si occupava delle Opere Pie troviamo gli uomini che bene o male – tenendo conto delle risorse ma anche dei problemi di una città che ha per centro una casa da gioco – hanno fatto la storia di Sanremo e contribuito a fare quella italiana.
Spiccano nomi come quello di Orazio Raimondo, avvocato delle grandi cause penali, deputato socialista, eminenza grigia dell’interventismo democratico durante la prima guerra mondiale; di suo fratello Riccardo, che all’inizio del periodo fascista favorì l’espatrio di molti oppositori del regime attraverso il confine francese; Ferdinando Bosso, che in Francia fu tesoriere dell’antifascista Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo; Quirino Calvino, lo zio di Italo, che compare in molte opere dello scrittore, dove il suo carattere si mescola a quello del padre agronomo; il podestà Pietro Agosti, ingegnere-architetto non solo di importanti opere cittadine come la Chiesa Russa, ma anche della legalizzazione del casinò nel 1927, focolaio di intrighi che gli costarono la vita; il suo vice Ernesto Parodi, rifugiatosi nei possedimenti di famiglia Equador alla morte di Agosti e tornato pochi anni dopo per raccogliere un posto in Parlamento. Poi ancora il cavalier Antonio Rubino, il senatore Ernesto Marsaglia e altri...
La fortuna dei Marsaglia declinò rapidamente con la crisi del ’29 e subì il tracollo decisivo nel 1934, alla morte dell’ultimo fratello di Giovanni, Luigi.
Nel 1938 l’amministrazione del Borea e del Massa venne raggruppata con quella dell’Ospedale civico Vittorio Emanuele III e dell’Ospedale pediatrico Nuñez del Castillo.
I bombardamenti navali della guerra, che a Sanremo provocarono gravi danni nella zona centrale della città, risparmiarono l’edificio del ricovero.
L’aggregazione con gli ospedali sarà sciolta nel 1965 per dare origine alla «Casa di riposo Giovanni Borea e Istituto Zeffiro Massa».
La società stava di nuovo cambiando rapidamente e la direzione del Massa, di fronte alla crescita della richiesta in favore degli anziani, si muoveva ormai per limitare l’accoglienza dei minori e fondere la propria realtà con l’istituto Borea.
(fonte: elaborazione basata sul testo dello scrittore Riccardo Mandelli; atti processuali tratti da cronache del tempo; immagini da archivio privato e WEB)