Dalla fine del dominio di Genova verso l'ingresso nell'Età Moderna
1 - Venti di Rivoluzione
Le penose conseguenze della giustificata ma troppo disorganizzata sommossa sanremese del 1753 si erano trascinate sino sul finire del XVIII° secolo, quando dalla vicina Francia giungevano ventate di una ben più vasta e determinata rivoluzione e del disegno di creare un grande impero dai Pirenei alle Alpi e al Reno, reclamando ancora una volta i territori della Savoia e di Nizza.
Dopo alcune infruttuose azioni diplomatiche intentate nel 1793 e furiose battaglie tra Francesi e Austro-Sardi nelle Alpi Marittime, peraltro favorevoli ai sabaudi, fu la volta dell'attacco navale di Oneglia, saccheggiata e incendiata (22 ottobre 1793).
L'anno seguente, col pretesto di annientare un pericoloso gruppo di corsari, detti 'Tigri di Oneglia', che causavano seri intralci sia ai Francesi che ai genovesi, ma in realtà per assicurarsi Oneglia, Loano e il colle di Tenda, per poi poter scendere in Piemonte, l'armata francese annunciava la necessità di far « passare le truppe su parte del territorio di Genova... secondo le leggi della più rigorosa neutralità, che saranno rispettate religiosamente ».
Il 6 aprile 1794 una parte dell' 'Armée d'Italie' varcava il confine di Ventimiglia, forte di 20 000 uomini e di qualche cannone.
La comandava il generale Masséna, ufficiale di Nizza; l'artiglieria dipendeva dal giovane comandante Napoleone Bonaparte, rappresentante della Rivoluzione era Agostino Robespierre, fratello di Massimiliano, e commissario del popolo Filippo Buonarroti.
Le complesse azioni della campagna militare, che investirono l'intero territorio dell'attuale provincia di Imperia, malgrado i difetti di strategia e l'imprevisto, abbondante innevamento sulle montagne, portarono all'occupazione di Oneglia e di Loano, alla capitolazione della fortezza di Saorgio in val Roia, al controllo del valico del colle di Tenda.
Nel mese di settembre, con la spedizione di Dego, richiesta da Napoleone, i Francesi sconfiggevano l'esercito austriaco e si assicuravano il controllo del porto di Vado.
Fu in questa occasione che i comandanti francesi Masséna e Bonaparte il 7 settembre 1794 fecero sosta a San Remo, ospiti in casa Sapia.
Ad un commento di G.B. Borea ai recenti episodi militari e al timore di una guerra, Napoleone rispose: «Meglio per voi, sarete più presto francesi ».
II passaggio e l'occupazione delle truppe francesi per due anni (aprile 1794-aprile 1796) del territorio della Liguria occidentale provocarono prevedibili soprusi, saccheggi e violenze, di cui furono vittime soprattutto gli abitanti dei paesi dell'entroterra; sulla costa gli ordini severissimi emanati dai comandanti ridussero i danni. A San Remo i rivoluzionari non occuparono il forte e si limitarono a chiedere energicamente la liberazione di Giancarlo Serra e di Gaspare Sauli, in carcere a Genova.
In generale le truppe francesi erano precedute dalla fuga delle popolazioni terrorizzate (ben 40. 000 lasciarono la valle di Oneglia), abbandonate al loro destino sia da Genova, formalmente neutrale, sia dai Piemontesi.
Mentre l'atteggiamento del popolo era di impotente odio nei confronti dei Francesi, il governo genovese si mostrava tollerante e minimizzava la portata degli abusi. A San Remo la disposizione d'animo della gente era più complessa, combattuta fra il timore nei confronti dei rivoluzionari e l'odio verso Genova.
Furono tuttavia la miseria, la carestia, le epidemie, le requisizioni di fieno e l'arresto dei traffici terrestri e marittimi a spingere anche a San Remo gruppi di cittadini a pronunciare discorsi antifrancesi, che divennero violenza allorché il commissario genovese Spinola, nell'agosto del 1795, tergiversò prima di autorizzare la distribuzione di 500 quintali di grano provenienti dal Piemonte alle famiglie affamate.
Ma l'indignazione popolare nei confronti dei rivoluzionari francesi, ritenuti 'sacrileghi e sanguinari', nasceva anche da ragioni morali.
Con l'applicazione di leggi speciali, nel 1795 vennero asportate le campane dalle chiese, eccetto una, che però non poteva essere suonata, vigeva il divieto delle processioni, di somministrare il viatico, di accompagnare i morti al cimitero, di celebrare funzioni religiose; le immagini sacre venivano distrutte, gli emblemi nobiliari sui portali delle case scalpellati.
Nel 1796 a San Remo il comune e numerosi cittadini erano in attesa di ottenere il rimborso di quasi 73.000 lire spese per conto dei Francesi.
Nello stesso anno Napoleone, al comando dell'esercito francese, ritornava nella Liguria di ponente e aveva facilmente ragione dei Piemontesi, costretti a firmare l'armistizio di Cherasco. Nel maggio del 1797 la rivoluzione raggiungeva Genova e nasceva la Repubblica ligure.
A San Remo questi avvenimenti furono visti come l'occasione di riconquistare la libertà e la dignità perdute nel 1753. Il 13 giugno 1797, nel 44° anniversario dell'inizio della brutale e sleale repressione genovese, il Parlamento pronunciava la richiesta di rivendicazione di libertà.
Con queste parole si esprime il cronista del Manoscritto Borea:
« In San Remo avendo tutti gli abitanti inato e tramandato nel sangue l'odio contro i Genovesi s'incominciò ad esprimersi un malcontento generale, le autorità furono allora di sentimento di portarsi dal Governatore e dimandarli la cessione delle sue funzioni, e la remission del forte... sulle prime remitente in seguito li convenne aderire... la guardia sarebbe stata metà de Paesani, ed altre convenzioni valevoli da spedirsi al Governo provvisorio ».
Il 13 luglio la nuova municipalità di San Remo si rivolgeva ai cittadini con l'invito a partecipare alla grande festa che celebrava la nuova costituzione del popolo ligure, in seguito alla quale la città veniva elevata a capoluogo del Distretto delle Palme e l'anno successivo a capoluogo di provincia della Giurisdizione delle Palme. Nel 1802, dopo lo smembramento della diocesi di Ventimiglia, veniva creata la Giurisdizione degli Ulivi con capoluogo Oneglia.