2 - L0ccupazione della città da parte del Pinelli e i suoi soprusi
Il generale e le sue truppe entrarono tranquillamente in città e per i primi giorni le cose rimasero calme. Secondo il piano previsto dal Pinelli però, il 16 giugno incominciarono gli arresti e le carcerazioni di tutti quelli convolti nella ribellione tanto che, piene le prigioni si dovettero usare anche quelle di Palazzo Borea, dove era il comando Genovese. La rappresaglia del Pinelli, per ordine della Repubblica e andando anche oltre, fu tremenda.
Obbligò il Consiglio lo stesso giorno a sottoscrivere il versamento di 50.000 lire subito ed altre 50.000 dopo due giorni, ed imprigionando gli stessi consiglieri (alcuni dei quali furono rilasciati il 4 luglio).
La somma fu versata il 19 giugno ma il generale impose un altro versamento di 100.000 lire, somma a quei tempi altissima ed impossibile da reperire in tempi brevi, per cui fu proposta in sua vece, la consegna di 980 barili di olio e una quantità notevole di limoni.
Di propria iniziativa pretese annualmente 30.000 lire come "rinfresco per le truppe" .
Continuò con confische di beni, sequestri e con ulteriori arresti riducendo la città in uno stato di completo degrado e impoverimento da costringere una parte di cittadini a fuggire e chiedere asilo presso i territori del Regno di Sardegna.
Furono aboliti gli Statuti in essere e per disprezzo pubblico fu smontato il campanone di San Siro colpevole di aver aizzato la folla (che fu portato a Genova insieme ai barili di olio ed i limoni il 7 luglio), successivamente fu abbattuta la parte superiore del campanile della stessa chiesa e gli Archivi comunali portati a Genova.
Finito con San Remo, fu la volta per le frazioni di Verezzo e Poggio di ricevere lo stesso trattamento di saccheggio e rapina in denaro.
Le persone arrestate furono sommariamente processate e condannate. Per quattro di loro fu la morte per taglio della testa e l'esposizione pubblica della stessa, i consiglieri furono inviati all'esilio, altri ancora a dieci anni di galera o semplici pene corporali.
Tali soprusi e vessazioni però non passarono del tutto inosservati nelle diplomazie europee, tanto da suscitare l'interesse particolare ed i primi interventi dell'Impero. Sotto questa pressione, Genova il 4 settembre emise un decreto di indulto generale, salvo che per le 14 persone coinvolte maggiormente, alcune delle quali rimasero in carcere fin quasi alla morte e gli esiliati che non tornarono mai più in città.
Il discutibile comportamento del Pinelli, le sue ruberie ed angherie vennero denunciati al Senato della Republica che inviò segretamente degli investigatori ad accertarsi delle accuse. Accuse che furono confermate in toto, per estorsioni, abusi su donne ed altre nefandezze tanto che fu richiamato a Genova, sottoposto a giudizio e quindi costretto a dimettersi dall'incarico.
Al suo posto fu inviato F.Maria Sauli che però provocò non sollievo ma un timore di ulteriori rappresaglie tale da indurre alla fuga altri cittadini.