Sanremo Romana e Villa Matuzia
1 - La Romanizzazione dei Liguri
Dopo avere esaminato la preistoria del nostro territorio, ci occupiamo di stabilire che cosa si intenda per "Popolazione ligure"
Bisogna ricordare che, quando si parla di popolazioni liguri, non s'intende solo di quelle costiere, perché il territorio in cui erano presenti era molto più vasto ed andava dalla foce del Rodano, lungo la fascia costiera, fino al lato destro dell'Arno, comprendendo anche ampie fasce delle regione ora piemontese, arrivando quasi fino a Torino (vedasi ad esempio Novi Ligure, in provincia di Alessandria).
Le tribù che la componevano erano per primi gli intemeli (da Albintimilium, Ventimiglia), che controllavano il territorio dal corso del torrente Armea, fino al colle della Turbìa sopra Monaco e giungevano a nord al colle di Tenda, includendo l'intero bacino del Roia; poi c'erano gli ingauni (Albiumingaunum, Albenga) che sempre dal torrente Armea, che faceva da confine tra i due, controllavano una vastissima area fino al torrente Porra di Finale a levante, e toccavano il corso del Tanaro a settentrione. Andando ancora verso levante si trovavano i Sabazi (da Savo, l'odierna Savona), i Genuati (Genova), altre tribù più a levante e quindi a nord i Taurini.
Tutte queste tribù erano molto ostili a qualunque tentativo di invasione e, mentre accettarono pacifici flussi migratori da parte di tribù celte provenienti da Nord, tanto che queste si integrarono talmente bene da creare una nuova etnia celto-ligure, non accettavano assolutamente l'espansionismo commerciale dei Greci che si erano stabiliti a Massalia (Marsiglia) opponendsi a loro con forza.
Altrettanta ostilità trovarono i Romani quando nel III secolo a.C., avendo avuto ragione degli Etruschi e integrato i loro territori, si trovarono a diretto contatto con i Liguri. L'espansionismo romano puntava però verso i ricchi territori della Gallia e della penisola iberica (allora sotto il controllo cartaginese), e il territorio dei liguri era sulla loro strada (controllavano le coste liguri e le Alpi meridionali). All'inizio i Romani ebbero un atteggiamento piuttosto accondiscendente: il territorio dei Liguri era considerato povero, mentre la fama dei suoi guerrieri era nota (li avevano già incontrati in qualità di mercenari), infine erano già impegnati nella Prima guerra punica (Vedi) e non erano intenzionati ad aprire nuovi fronti; pertanto cercarono innanzitutto di farseli alleati. Però, malgrado i loro sforzi, solo poche tribù liguri fecero con i Romani accordi di alleanza (famosa l'alleanza con i Genuati), il resto delle tribù si dimostrarono subito ostili. I Liguri, alleatisi momentaneamente con i Galli Bo (Vedi) tentarono di contrastare l'avanzata romana, ma non fecero molto perché l'alleanza si sciolse quasi subito, mentre una flotta romana comandata da Quinto Fabio Massimo sbaragliò le navi liguri sulla costa (234-233 a.C.), permettendo ai Romani il controllo della rotta costiera da e per la Gallia.
Con lo scoppio della seconda guerra punica (218 a.C.) le tribù Liguri ebbero atteggiamenti differenti e diverse sorti. Quelle di ponente (intemeli e ingauni) si allearono con i Cartaginesi, mentre quelle di levante (i genuati, le tribù del levante e i Taurini) parteggiarono per i romani. I Liguri pro-Cartagine fornirono aiuti e soldati per aiutare Annibale nella sua campagna, sperando in una cacciata dei romani. Con lui e con Asdrubale e Magone Barca, suoi fratelli, all'inizio ottennero diverse vittorie: Annibale, appena superate le Alpi, attaccò i Taurini (218 a.C.) e distrusse la loro capitale e nel 205 a.C., Genua fu attaccata e rasa al suolo da Magone. Il porto di Savo era usato come riparo per le navi triremi della flotta cartaginese, destinate a tagliare le rotte commerciali romane nel mar Tirreno.
Di contro, ai Liguri pro-romani, all'inizio non andò altrettanto bene. Con il rovesciamento delle sorti della Seconda Guerra Punica, ritroviamo Magone (203 a.C.) tra gli Ingauni, a tentare di bloccare l'avanzata romana: subì una grave sconfitta che gli costò anche la vita; nello stesso anno venne riedificata Genua. Truppe liguri sono ancora presenti, come truppa scelta di Annibale, alla battaglia di Zama nel 202 a.C., che decretò la sconfitta di Cartagine.
Con la sconfitta di Cartagine però le ostilità non cessarono del tutto perché subito, (197-155 a.C.) i Liguri si trincerarono sull'Appennino, da dove periodicamente scendevano per saccheggiare i territori circostanti. I Romani, dal canto loro, organizzavano continue spedizioni sulle montagne, sperando di snidare, accerchiare e sconfiggere i Liguri (avendo cura di non essere distrutti con imboscate). Nel corso di tutta la guerra i Romani vantarono 15 trionfi e almeno una grave sconfitta. Roma tuttavia vinse la guerra e iniziò l'azione per controllare l'intera regione, imponendo nel 180 a. C. con le armi un gravoso trattato agli Ingauni, che fra l'altro avevano il compito di mantenere libera e sicura la strada litoranea per circa 2 km e mezzo di larghezza dalle scorrerie delle tribù dell'interno. Fu a questo punto che i Romani preso il controllo del territorio, crearono la IX Regio dell'Impero romano (chiamata Liguria), la quale si estendeva dalle Alpi Marittime e Cozie, al Po, al Trebbia e al Magra.
Da quel periodo quindi ebbe inizio il processo di romanizzazione della regione, che si concluse nell'ultimo secolo avanti Cristo, con il conseguimento del diritto latino (89 a.C.).
2 - La via Julia Augusta
Nel 13 a.C. veniva completata la nuova strada litoranea per la Gallia, denominata via Julia Augusta, da Vada Sabatia (Vado Ligure) al Varo (fiume Var, dopo Nizza).
Il tracciato raggiungeva la mansione stradale di Costa Balenae a levante della foce del Tavia fluvius (il torrente Argentina), quindi penetrava un poco a nord, attraversava il corso d'acqua forse con un guado e scendeva dal versante opposto fino al capo della Madonna dell'Arma presso Bussana, che aggirava passando sul margine esterno del promontorio di conglomerato. Ancora all'inizio del secolo, infatti, si poteva scorgere il taglio praticato nella formazione rocciosa per ricavarvi la sede stradale, che passava dinanzi all'attuale ingresso del piccolo santuario rupestre dell'Annunziata. Anche il torrente Armea era attraversato un poco all'interno della valle, quindi la strada romana seguiva nuovamente la costa secondo l'attuale tracciato della via Aurelia, fino all'odierno rondò Garibaldi, per il cui ampliamento, nel 1883 e nel 1901, fu purtroppo distrutto il ponte romano sul torrente San Lazzaro, scoperto nel 1823.
Il ponte era in conci di pietra distribuiti in corsi regolari ed aveva la larghezza di cinque metri. Successivamente la via romana seguiva il percorso segnato dalle attuali vie Palazzo e Corradi e, dopo un arretramento per superare il torrente Foce, in corrispondenza dei resti (interrati) di un ponte antico, raggiungeva capo Nero sempre secondo l'attuale percorso dell'Aurelia, che rispettava fino all'ingresso di Bordighera Alta e proseguendo fino ad Albintimilium (Ventimiglia).
La strada proseguiva nella Gallia fino a Narbona (Narbonne) ma da Arle (Arles) prese il nome di Via Domizia.
Lungo l'antico tracciato nel territorio sanremese è stato ritrovato un cippo miliare: una pietra di Augusto, ritrovata genericamente "in oppido Sancti Romuli" e già conservata presso la chiesa di Santo Stefano. La pietra recava inumero DLXXIX.
Naturalmente la nuova strada consolare, nel suo percorso favorì non poco il sorgere e l'accresersi di piccoli agglomerati urbani, fattorie e ville isolate, poderi (fundus) nelle zone più favorevoli alle coltivazioni, attorno ai quali sarebbero poi sorti villaggi o piccoli paesi, destinati nel tempo a ingrandirsi.
L'origine urbana di Sanremo più remota è da ricercarsi però nel cuore del borgo del Piano (planum ecclesiae Sancti Siri, 1210), dove sorgono la chiesa tardomedievale di San Siro (clicca qui per vedere) e il battistero di San Giovanni Battista sotto il cui pavimento furono portati in luce, alla fine degli anni Cinquanta, resti di un piccolo agglomerato di età imperiale (I-II secolo d.C.) consistenti in frammenti di strutture murarie a blocchetti lapidei legati con malta e avanzi di contenitori in ceramica, conservati nel Museo archeologico della città.
L'importanza del sito era già stata evidenziata dallo storico Girolamo Rossi, che ci tramanda la notizia del ritrovamento di reperti murari e monete nel 1636, all'epoca della fondazione del nuovo oratorio di San Germano, a lato del Battistero, rifatto dopo i danni subiti nell'ultimo conflitto mondiale e destinato ad Opere Parrocchiali. Il nucleo romano doveva essere un piccolo insediamento lungo il percorso della via Julia Augusta, di cui abbiamo parlato e descritto più sopra e localizzata più o meno nei tracciati tra le attuali vie Palazzo e Corradi.
Testimonianza dell'età romana è ancora concretamente documentata dai resti di due ville rurali padronali da porsi in relazione all'utilizzo agricolo dei terreni circostanti.
3 - Le ville Romane e i reperti archeologici
La prima, localizzata a ponente presso la spiaggia, costruita presso lo sbocco in mare del torrente omonimo, risulta suddivisa in dieci vani e comprendeva un modesto complesso termale, con locali destinati a frigidarium, tepidarium, calidarium. L'acqua veniva presa dal vicino torrente tramite l'apposito castellum aquae e distribuita ai locali mediante tubi a condotta forzata. La muratura e pochi altri elementi datano la sua costruzione al II e al III secolo d.C.
Il fundus in oggetto, in età romana era possesso di una famiglia locale romanizzata, il cui probabile capo aveva nome Mattucius. Alcune iscrizioni romane ritrovate a Nizza, a Cimiez e a Saint-Pons (Vedi) recano infatti il gentilizio Mattucius, segno che la famiglia contava diverse presenze e diramazioni nelle Alpi Marittime.
La villa Matuciae si ritrova citata in documenti antichi (Miscellanea; Antonio Canepa). Può darsi che il culto osservato dalla famiglia fosse quello della divinità romana di origine asiatica, la Mater Matuta che diverse fonti collegano direttamente al toponimo dell'abitato, ma il nome di Villa Matuciana (o Matutiana) assunto dalla località trae comunque origine da quello della famiglia dei Mattuci.
La seconda villa a Bussana, si trova a levante fra l'attuale via Aurelia e la ferrovia e la strada sottostante (vecchia via Julia Augusta).
La villa romana, a pianta rettangolare, è un esempio di edificio rurale di cui sono riconoscibili cinque o sei vani regolari, dal cui recente scavo sono venute alla luce le strutture di un forno e alcuni materiali ceramici, che confermano l'occupazione dell'edificio nel II secolo d.C.
Lo stesso nome di Bussana e i toponimi di aree vicine, quali Porziana, Pompeiana, Ceriana, ecc., sono indizi di un intenso popolamento della zona per scopi agricoli.
Ritrovamenti sporadici sono stati segnalati in più punti del territorio sanremese; fra gli ultimi, quello di un sigillo bronzeo col motto Urbicia vivas, proveniente dalla regione agricola del Solaro, zona già nota in passato per il rinvenimento di alcune tombe della prima metà del I secolo d.C., usato da una colta e sconosciuta Urbicia nella corrispondenza personale, che testimonia la presenza di una gens Urbicia nel territorio del fundus Matucianus.
Questi due importanti siti archeologici sono un'ulteriore prova dell'occupazione romana della fascia litoranea. Infatti i Romani, quando conquistarono definitivamente la Liguria (155 a.C.), concentrarono la loro vita civile e economica sulla fascia costiera, portando alla progressiva decadenza i primitivi nuclei preromani fondati dai Liguri Intemeli, che avevano esteso il proprio dominio da Monaco a Taggia e nelle valli interne secondo l'organizzazione dei castellari, come abbiamo visto (vedi Parte 1), ma queste strutture a pianta quadrangolare furono abbandonate e ricoperte nel tempo da detriti e fitta vegetazione che le occultò alla vista per secoli.
Grazie all'archeologia, furono rinvenute tracce di San Remo romana, dell'abitato romano, il cosiddetto vicus Matutianus. Secondo la denominazione tratta da un documento del vescovo genovese Teodolfo risalente al 980, si esisteva una necropoli, come sembrano indicare i rinvenimenti di tombe al centro di via Cappuccini, strada parallela e poco distante dal tracciato della via romana (via Corradi). Lo scavo del 1961, sebbene intrapreso quando cinque tombe erano già andate distrutte (si poté recuperare soltanto parte delle suppellettili), ha permesso di accertare che la necropoli, la più importante fra quelle di Ventimiglia e di Albenga, presenta l'originale caratteristica che le tombe, del tipo 'a cappuccina', sono costruite sopra la stessa fossa del rogo funerario e sono prive dell'urna cineraria.
I materiali di corredo delle tombe comprendono boccali, patere, olpi, coppe, una lucerna e una bottiglia vitrea sferoidale, che confermano la datazione della necropoli fra l'80-90 e il 100 d.C., cioè nel periodo più florido dell'età romana imperiale nella Riviera di ponente.
Altre tombe sono state trovate a Bussana in valle Armea, sempre lungo la via consolare, negli anni 1876-77.
Lo scavo archeologico diretto da Nino Lamboglia nel 1960 nel battistero di San Giovanni presso la basilica di San Siro ha consentito di individuare strati di età romana imperiale (I-II sec. d.C.) e tardoromana di distruzione (IV-V sec. d.C.), con pavimenti e resti murari orientati sul medesimo asse dei successivi muri altomedioevali e di due edifici dell'XI secolo (la chiesa protoromanica di San Siro e la Casa Canonica) e risultano ortogonali rispetto alla strada romana (via Corradi).
Parte di questi resti murari si possono oggi vedere sotto il pavimento di un bar proprio accanto alle Canoniche, fatto di lastre di vetro attraverso le quali si possono distinguere capitelli, murae cunicoli dove sembra esistessero degli alloggi per pellegrini in transito.
A partire dal XII secolo, invece, sia la nuova chiesa di San Siro, costruita sulle rovine di quella protoromanica, che quella di San Giovanni saranno orientate diversamente.
I frammenti ceramici recuperati coprono diversi secoli, a partire dai due di ceramica campana di tipo "B" deI I° secolo a.C., i più antichi venuti alla luce, a quelli più abbondanti di età augustea, ai successivi di età flavia, antonina e fino al frammento di 'terra sigillata chiara di tipo D', attribuibile al IV secolo d.C.
L'area di San Siro aveva già restituito, nei secoli passati, tracce di età romana. tanto che lo storico Gerolamo Rossi, come abbiamo accennato più sopra, riporta che nel 1636, durante la costruzione dell'oratorio di San Germano, « vennero in luce grandiosi avanzi d'antichi edificii, con oggetti d'antichità, e grande numero di monete d'argento e di rame le più delle quali portavano l'impronta degli imperatori Claudio e Flavio Vespasiano.... ».
Ha osservato Nino Lamboglia, a proposito dell'evoluzione della primitiva San Remo, che dopo le indagini archeologiche condotte nell'area di San Siro, la Villa Matutiana ebbe « un'origine non lontana a partire almeno dall'età di Augusto... una distruzione certa alla fine della romanità, fra il IV e il V secolo, una sopravvivenza rozza e stentata per tutto l'alto medioevo e infine una florida ripresa in età romanica... La continuità topografica fra la Villa Matutiana presso San Siro, sulla destra orografica del torrente San Romolo, e l'Oppidum Matutianum che nel secolo XI assunse definitivamente il nome di Sanctus Romulus, fortificato sulla sinistra del torrente, appare evidente e perfetta ».
(Fonti: libera elaborazione dai libri: "San Remo Cuore e anima di una Città" di Enzo Bernardini, "Sanremo" di Massimo Bertoletti e Nadia Pazzini Paglieri; immagini da archivi privati)