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Nel 1910 fu municipalizzato l'Acquedotto Marsaglia, come detto più sopra, e fu creata l'Azienda Autonoma Municipalizzata per l'Acquedotto e l'energia Elettrica (AAMAIE).
Nello stesso tempo entrarono in funzione due gruppi idroelettrici utilizando proprio l'acqua destinata allo scopo.

Copertina pubblicitaria dell'AAMAIEMa ancora una volta una delle principali questioni cittadine venne sciolta ad esclusivo vantaggio della colonia straniera e dei sanremesi benestanti.
Così era stato per molti problemi urbanisti e igienici, avviati a soluzione nei quartieri turistici e nel nuovo centro direzionale cittadino, ma lasciati irrisolti nei vecchi rioni dove erano concentrati gli immigrati e i ceti più umili della popolazione locale.
Il ponte della Rocca con le lavandaie sul torrente San RomoloE cosi avvenne per il problema dell'acqua potabile, la cui distribuzione fu organizzata a esclusivo vantaggio degli ospiti e della ricca borghesia indigena.
Il fatto è che gli abbonati che venivano riforniti d'acqua dovevano pagare delle tariffe così alte che i sanremesi, così, durante tutto quel periodo, continueranno ad attingere l'acqua dalle fonti pubbliche e a conservarla in giare, senza disporre di alcun allacciamento diretto nelle case.
Era vero che, tra il 1870 e il 1900, sia il numero delle fontane che i metri cubi d'acqua da queste erogati si era triplicato, ma era anche vero che in questo lasso di tempo la popolazione della città si era raddoppiata.

Il rapporto effettivo litri/abitante era dunque solo lievemente migliorato, e solo lievemente si erano ridotti i disagi a cui i sanremesi erano sottoposti.

Non era certo molto e il sistema dei pozzi tardò a scomparire.

Lavandaie sul greto del torrente San RomoloAl contrario la quantità d'acqua consumata dai privilegiati abbonati conosceva i livelli, allora incredibili, di mille litri giornalieri. Ma i ricchi vivevano in ville circondate da grandi giardini che richiedevano di essere innaffiati e avevano ormai tutti applicato nelle loro case l'ultima novità prodotta dalle conoscenze idraulico-sanitarie del tempo, il water-closet, che «sprecava» decine di litri d'acqua giornalmente per famiglia per lo sciacquo delle latrine.
Fu in virtù di questi altissimi livelli di consumo che, nonostante il basso numero degli abbonamenti, quella che sembrava essere nel 1885 un'inesauribile quantità d'acqua divenne ben presto insufficiente anche se dall'anno in cui l'impianto entrò in funzione, nuove sorgenti furono via via immesse per aumentare il rifornimento idrico.



Prima di cominciare la costruzione della condotta, la ditta Marsaglia, e precedentemente la Société Lyonnaise des Eaux et d'Éclairage, aveva calcolato il fabbisogno idrico giornaliero della città con il sistema francese, che era stato applicato anche a Nizza, ed era così giunta alla conclusione che i 4.000 metri cubi dell'Argallo sarebbero stati largamente sufficienti alle esigenze della città e che i 3.500 metri cubi dell'Oxentina avrebbero ben fronteggiato le nuove richieste che l'aumento della popolazione avrebbe comportato.
Secondo questo sistema venivano calcolati, quale consumo medio, per persona 20 litri giornalieri, per operaio 5, per allievo di scuola, collegio, pensione e per soldato 10, per cavallo 60, per vacca 40, per vettura a quattro ruote 60, per vettura a due ruote 40, per metro quadrato di aiuole e giardini 3, per magazzini e botteghe 150 litri giornalieri. Ma questi parametri che negli anni ottanta erano considerati seri, dieci anni più tardi apparivano inadeguati al calcolo del fabbisogno idrico di un centro della consistenza e del prestigio di Sanremo. E se la situazione non fu poi così disastrosa come queste cifre lascerebbero pensare, fu in virtù del fatto che la condotta servì solo una ristretta fascia dei sanremesi, oltre naturalmente ai loro facoltosi ospiti.

L'effettiva quantità d'acqua di cui la maggior parte dei cittadini poteva disporre e i disagi che i più dovevano affrontare per procurarsi il fabbisogno idrico giornaliero non interessavano comunque più di tanto gli amministratori. Gli obiettivi che essi si erano posti, e che ritenevano importanti per il futuro di Sanremo, erano fornire acqua in abbondanza ai turisti e migliorare, grazie ad un approvvigionamento idrico consistente, le condizioni igieniche urbane. E questi obiettivi erano stati entrambi raggiunti.
Inutile dire che, solo da allora, si consolidò la coltura dei fiori che tanta irrigazione richiede, ed è pure superfluo enumerare i vantaggi immensi che dall'Acquedotto ne ebbe l'igiene cittadina e l'agricoltura in genere, a prescindere dalla particolare coltivazione dei fiori.
Anche se all'inizio del XX secolo la situazione idrica sembrava essersi stabilizzata, il continuo espandersi della città sia in edifici che in popolazione, fino al secondo dopoguerra, aumentò la necessità di incrementare il suo rifornimento idrico.

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