Il contratto, stipulato in data 12 luglio 1883, tra il municipio e la ditta Marsaglia, si basava sui seguenti punti: all'imprenditore il comune riconosceva il diritto esclusivo di occupazione gratuita del suolo pubblico per la costruzione della condotta d'acqua potabile; la durata di tale concessione ammontava ad anni ottanta, scaduti i quali l'acquedotto sarebbe divenuto proprietà della città; l'imprenditore doveva garantire la purezza delle acque, che era facoltà del consiglio lasciarle analizzare periodicamente; l'acqua sarebbe stata derivata per 4.000 metri cubi giornalieri dalle sorgenti alle falde dei monte Ceppo e successivamente per altri 3.500 metri cubi dal torrente Oxentina; era consentito dal Municipio che 200 metri cubi estranei al computo venissero portati ad Ospedaletti; l'acqua eccedente sarebbe stata concessa per usi industriali e agricoli a prezzi ridotti; al comune sarebbero stati assegnati 1.000 metri cubi al giorno per le esigenze igieniche dell'abitato; i quantitativi d'acqua degli abbonamenti privati sarebbero stati versati nell'arco della giornata nelle vasche di raccolta di proprietà dell'abbonato; le fontane pubbliche sarebbero state aumentate di una unità ogni mille abitanti.
L'acquedotto fu inaugurato il 12 marzo 1884. Le sorgenti che Io alimentavano scaturivano da una quota media di 900 metri sul livello del mare. Esso era chiuso ermeticamente e costruito in parte in pietra e cemento e in parte in ghisa. Attraversava le valli dell'Oxentina e dell'Armea e aveva una lunghezza complessiva di 25 chilometri, in gran parte compiuti dalle acque a forzata pressione.
Esistevano a Poggio, un primo grande serbatoio di raccolta detto "del Poggio" ed un secondo detto "degli archi", costruito lungo la mulattiera di San Romolo.
Ad Argallo era in funzione una pompa che sollevava l'acqua delle sorgenti depresse rispetto alla condotta. Si trattava di una grande realizzazione di ingegneria idraulica, eseguita con i migliori materiali e con l'ausilio della più avanzata tecnologia.
« L'Asquasciati con l'acquedotto d'Argallo, costruito dall'Ing. Giovanni Marsaglia, dotò Sanremo di una irrigazione sana e abbondante. (A.N.Brizio. «Au Pays du Soleil ». Storia di Sanremo. 54° - 4) ».
Accanto alla fontana, nota come lo "Zampillo" è stata posta nel 1950 una targa che ricorda come, « nel 1884 grazie ai meriti del Marsaglia e del Sindaco Asquasciati "zampillò" per la prima volta l'acqua proveniente da Argallo ».
La costruzione dell'acquedotto implicò un onere considerevole per la città, eppure il consiglio comunale non esitò a deliberarla e fece anche pressione affinché i lavori venissero ultimati in fretta. Un maggior approvvigionamento idrico era necessario a risolvere la questione igienica e bisognava fornire acqua a sufficienza alla colonia straniera, se ci si voleva affermare come stazione climatica internazionale. Il problema dei costi passava così in sottordine, il turismo, ormai principale fonte di ricchezza della città, non poteva essere trascurato.
Ma al municipio non bastava che l'acquedotto venisse finalmente realizzato, le autorità comunali volevano soprattutto legare Sanremo ad un simbolo e pretendevano una condotta grandiosa, in grado di attirare l'attenzione della clientela turistica della Riviera.
Il contratto prevedeva un acquedotto che fosse stato in grado di erogare 7.500 metri cubi giornalieri d'acqua, qualcosa come 90 litri al secondo e 450 litri per abitante al giorno. Nizza, prima città di Francia, vantava 300 litri giornalieri per abitante, Parigi 90, Berlino 54 e Londra 141. In Italia Genova disponeva di 120 litri, Livorno di 27, Lucca di 24. Con la costruzione dell'acquedotto Sanremo diveniva insomma una delle meglio approvvigionate cittadine europee del XIX secolo.
Di questa grande quantità d'acqua, come detto, mille metri cubi giornalieri spettavano al Comune, per l'alimentazione delle fontane pubbliche e dei lavatoi (alla fine del secolo erano trenta le prime e tre i secondi), per l'innaffiamento delle vie e per lo sciacquo delle chiaviche, dei fognoni e dei canali bianchi. Questi compiti, però, assorbivano di fatto una quantità molto maggiore della cifra stabilita con il concessionario, sfiorando il tetto dei 1.500 metri cubi così ripartiti: 500 per le fontane, 500 per i lavatoi e il rimanente terzo per l'igiene dell'abitato, per il quale il municipio disponeva sul finire del secolo di circa 150 bocche d'innaffiamento.
Le autorità comunali poterono sempre usufruire di tale considerevole volume d'acqua, ma il quantitativo complessivo portato dalla condotta a Sanremo, per tutto l'Ottocento, non fu mai di 7.500 metri cubi giornalieri. Infatti, una volta che giunse in città l'acqua delle sorgenti dell'Argallo, in misura di 4.000 metri cubi, tutte le necessità vennero soddisfatte e anzi vi furono grandi avanzi. Il Comune così non procedette alla richiesta per lo sfruttamento delle acque dell'Ossentina e il concessionario si considerò sollevato dall'obbligo di fornire i pattuiti 7.500 metri cubi.
Ma se le autorità comunali rimasero inattive, lo stesso non fece la ditta Marsaglia, che acquistò le sorgenti che alimentavano l'Ossentina e le immise nell'acquedotto, sfruttando però il nuovo volume d'acqua a vantaggio di Porto Maurizio, che fu allacciata da una diramazione che erogava 800 metri cubi giornalieri.
Sanremo reclamò per sé il nuovo quantitativo d'acqua e chiese al concessionario, ora che vi era la disponibilità delle acque dell'Ossentina, di soddisfare la provvista pattuita di 7.500 metri cubi. Ne nacque un'interminabile vertenza che passò dal tribunale di Sanremo alla corte d'Appello di Genova e alla corte di Cassazione di Torino.
Ciò che spinse il comune alla lite con la ditta Marsaglia fu, incredibile ma vero, il problema della penuria d'acqua che, a distanza di soli dieci anni dall'attivazione dell'acquedotto, si ripresentava nuovamente.
Il fatto è che la città non solo non usufruiva dei 7.500 metri cubi originariamente concordati, ma non disponeva nemmeno dei 4.000 metri cubi delle sorgenti dell'Argallo. Queste, infatti, nella stagione estiva avevano una capacità di erogazione che era ben al di sotto dei calcolati 50 litri al secondo. Negli anni novanta il comune assorbiva circa 1.500 metri cubi per le necessità pubbliche e circa 1.000 metri cubi venivano assorbiti dagli abbonamenti privati. Questo comportava un consumo minimo di circa 2.500 metri cubi, che in estate si riusciva spesso appena a soddisfare, specie quando per lunghi mesi non pioveva. La città, insomma, che avrebbe dovuto disporre in proporzione alla sua consistenza demografica di uno dei primi acquedotti d'Europa, fronteggiava a stento le necessità dei suoi utenti ed era in grave difficoltà di fronte alle richieste di nuovi abbonamenti.
Il problema, specialmente se proiettato nel futuro, era tanto grave da non potere nemmeno essere risolto recuperando gli 800 metri cubi d'acqua destinati dal concessionario a Porto Maurizio. Bisognava assolutamente procurarsi tutte le sorgenti disponibili alle falde del Ceppo, per potenziare notevolmente la capacità dell'acquedotto.
Si riuscì a fare entrambe le cose e nel nuovo secolo, finalmente, il problema dell'approvvigionamento idrico fu risolto. La condotta, che dopo l'ennesima lite con la ditta Marsaglia fu municipalizzata, venne messa in condizione di lavorare al massimo della portata, che era di 9.000 metri cubi nel tratto a «pelo libero» che conduceva al serbatoio del Poggio e di 6.500 metri cubi giornalieri nel tratto ad «alta pressione» che portava al serbatoio degli "archi".
Alla fine del primo decennio del XX secolo, per l'appunto, l'erogazione massima delle sorgenti amministrate dal comune ammontava, nelle 24 ore, a 9.000 metri cubi, mentre il volume d'acqua minimo che si otteneva in estate era di 4.500 metri cubi. Quest'ultimo quantitativo, però, poteva essere aumentato di 1.000 metri cubi immettendo nelle condutture l'acqua di due sorgenti di riserva, l'Argenta e la Lauretta, situate presso Vignai. Le richieste d'acqua per uso potabile, intanto, andavano sempre più aumentando.
Nel 1906 gli abbonati erano 1.525, con un consumo giornaliero di 1.720 metri cubi; nel 1909 gli abbonati erano divenuti 1.697, per un consumo giornaliero di 2.120 metri cubi.
In queste cifre non era poi compresa la provvigione di Ospedaletti (200 metri cubi), né quella consumata dal comune per i servizi pubblici (1.500 metri cubi) e per mettere in moto le turbine dell'impianto elettrico municipale (1.500 metri cubi).
ACQUEDOTTI - Acquedotto Giovanni Marsaglia
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