Atleta

Dorando PietriNacque il 16 ottobre 1885 a Mandrio, una frazione di Correggio, in una famiglia di contadini. Nel 1897 il padre Desiderio lasciò i campi per aprire un negozio di frutta e verdura nella vicina Carpi, dove si trasferì con la moglie e i quattro figli. Dorando iniziò molto presto a lavorare, come garzone in una pasticceria. Nel tempo libero si dedicava alla bicicletta o alla corsa a piedi. Era un uomo minuto e di bassa statura (1,59 m).

Nel settembre del 1904 il più famoso podista italiano dell'epoca, Pericle Pagliani, partecipò ad una gara proprio a Carpi. Si racconta che Pietri, attirato dall'evento, si sia messo a correre dietro Pagliani, con ancora gli abiti da lavoro addosso, ed abbia retto il suo passo fino all'arrivo. Qualche giorno dopo, Pietri fece l'esordio in una competizione ufficiale, correndo i 3000 metri a Bologna ed arrivando secondo.

L'anno successivo arrivarono i primi successi, sia in Italia che all'estero, il più importante dei quali fu la 30 km di Parigi, vinta con un distacco di 6 minuti.
Dopo le numerose vittorie ottenute nel corso degli anni 1906 e 1907 Dorando Pietri era il dominatore assoluto del fondo nazionale, in grado di vincere dal mezzofondo alla maratona, ed aveva già ottenuto risultati importanti sulla scena internazionale.

Il 1908 era l'anno delle Olimpiadi di Londra. Dorando Pietri si era preparato per mesi all'evento. Il 7 luglio si guadagnò il posto nella squadra italiana in una maratona di 40 km disputata a Carpi. Vinse in 2 ore e 38 minuti, una prestazione mai ottenuta prima in Italia.
La maratona olimpica era in programma pochi giorni dopo, il 24 luglio. Per la prima volta il percorso si snodava su 42,195 km.
Alla partenza, davanti al Castello di Windsor, c'erano 56 atleti, tra cui i due italiani: Dorando Pietri, maglietta bianca e calzoncini rossi, con il numero 19 sul petto, e Umberto Blasi.
Era una giornata insolitamente calda per il clima inglese.

Alle 14:33 la principessa del Galles diede il via. Dorando rimase nelle retrovie, aspettando che i primi, partiti a ritmo elevato, si stancassero e così successe che al 39° chilometro prese la testa della corsa. Mancavano ormai un paio di chilometri all'arrivo, ma Pietri si trovò a fare i conti con l'enorme dispendio di energie effettuato durante la rimonta e la disidratazione dovuta al caldo. La stanchezza gli fece perdere lucidità. Arrivato allo stadio, sbagliò strada. I giudici lo fecero tornare indietro, ma Pietri cadde esanime. Si rialzò con il loro aiuto, ma ormai stremato, faticava a reggersi in piedi da solo.
Era ad appena 200 metri dal traguardo. Gli oltre 75.000 spettatori dello stadio erano tutti in trepidazione per lui. Attorno a lui sulla pista i giudici di gara e persino alcuni medici accorsi per soccorrerlo. Pietri cadde altre quattro volte, ed altrettante fu aiutato a rialzarsi, ma continuò barcollando ad avanzare verso l'arrivo. Quando finalmente riuscì a tagliare il traguardo, sorretto da un giudice e un medico, era totalmente esausto.

L'arrivo contestato ma famosoIl suo tempo finale fu di 2h54'46"4 su 42,195 km, ma solo per percorrere gli ultimi 500 metri impiegò quasi dieci minuti. Oltre il traguardo svenne e fu portato fuori dalla pista su una barella. Poco dopo di lui arrivò lo statunitense Johnny Hayes. La squadra americana presentò immediatamente un reclamo per l'aiuto ricevuto da Pietri, che venne prontamente accolto. Il correggese fu squalificato e cancellato dall'ordine di arrivo della gara.

Il dramma di Dorando Pietri commosse tutti gli spettatori dello stadio. Quasi a compensarlo della mancata medaglia olimpica, la regina Alessandra lo premiò con una coppa d'argento dorato. A proporre l'assegnazione del riconoscimento sarebbe stato lo scrittore Arthur Conan Doyle, creatore del famoso investigatore Sherlock Holmes, che era presente in tribuna, a pochi metri dalla linea del traguardo, dato che era stato incaricato da Lord Northcliffe di redigere la cronaca della gara per il Daily Mail; il resoconto del giornalista-scrittore terminò con le parole:
« La grande impresa dell'italiano non potrà mai essere cancellata dagli archivi dello sport, qualunque possa essere la decisione dei giudici ».
Successivamente Conan Doyle suggerì al Daily Mail di conferire un premio in danaro a Pietri, sotto forma di sottoscrizione per permettergli l'apertura di una panetteria, una volta rientrato in Italia. La proposta ebbe successo e vennero raccolte trecento sterline. Lo stesso Doyle avviò la raccolta donando cinque sterline.
Il racconto della sua impresa eroica, ma sfortunata, fece immediatamente il giro del mondo. Da un giorno all'altro Dorando Pietri divenne una celebrità, in Italia e all'estero. Le sue gesta colpirono la fantasia del compositore Irving Berlin, che gli dedicò addirittura una canzone intitolata Dorando.
Paradossalmente, la mancata vittoria olimpica fu la chiave del suo successo. Sull'onda della sua fama ricevette presto un lauto ingaggio per una serie di gare-esibizione negli Stati Uniti.

Erano gli anni d'oro delle sfide di resistenza, create da imprenditori del mondo dello spettacolo: si organizzavano gare lunghissime di boxe, canottaggio e corsa. Tra queste la maratona aveva un posto d'onore, ricreata pochi anni prima come evento coronante delle Olimpiadi, capace di portare gli uomini allo stremo in una lotta estenuante contro la fatica. Non era raro veder accorrere migliaia di persone per assistere a gare che duravano diverse ore.
Il 25 novembre 1908, al Madison Square Garden di New York, andò in scena la rivincita tra Pietri e Hayes. Il richiamo era enorme: ventimila spettatori (tra cui molti italo-americani), ma altre diecimila persone erano rimaste fuori perché non c'erano più biglietti.
I due atleti si sfidarono in pista sulla distanza della maratona (262 giri), e dopo aver corso testa a testa per quasi tutta la gara, alla fine Pietri riuscì a vincere staccando Hayes negli ultimi 500 metri, per l'immensa gioia degli immigrati di origine italiana presenti. Con questa gara Pietri passa ufficialmente al professionismo, in un clima che distingue fortemente l'atleta amatoriale da quello retribuito, separando gare e risultati delle due categorie.

Una seconda sfida disputata il 15 marzo 1909 venne anch'essa vinta dall'italiano. Durante la trasferta negli Stati Uniti Pietri partecipò a 22 gare, con distanze variabili dalle 10 miglia alla maratona, e ne vinse 17. Tra gli atleti affrontati vi fu anche Tom Longboat, il più forte nordamericano sulla maratona. Pietri rientrò in Italia nel maggio 1909, e proseguì per altri due anni l'attività professionistica a livello nazionale e all'estero. La sua ultima maratona fu a Buenos Aires, il 24 maggio 1910, dove chiuse con il suo primato personale, 2h38'48"2.

La gara d'addio, in Italia, si svolse il 3 settembre 1911 a Parma: una 15 km, vinta agevolmente. L'ultima gara all'estero avvenne invece il 15 ottobre dello stesso anno, a Göteborg in Svezia, e si concluse con l'ennesima vittoria di Pietri. Il giorno dopo compì 26 anni. In tre anni di professionismo e 46 gare, Dorando Pietri guadagnò oltre 200.000 lire solo di premi, una cifra enorme per l'epoca. In più riceveva dal suo agente una diaria settimanale di 1250 lire.

Investì i suoi guadagni in un'attività alberghiera assieme al fratello, ma come imprenditore non mostrò lo stesso talento che aveva come sportivo.
Dopo il fallimento dell'hotel, si trasferì nel 1923 a Sanremo, dove aprì un'autorimessa. Visse il resto della sua vita nella città dei fiori.

Pietri muore il 7 febbraio 1942, all'età di 56 anni, per un attacco cardiaco. Viene sepolto nel cimitero di Valle Armea, nei pressi di Sanremo.

La coppa donata a Pietri dalla regina Alessandra è oggi custodita dalla «Società Ginnastica La Patria 1879» in una cassetta di sicurezza della filiale Unicredit di Carpi (MO), nello stesso edificio che fu il "Grand Hotel Dorando". Sul trofeo è incisa questa dedica:

« A Pietri Dorando - In ricordo della maratona da Windsor allo stadio - 24 luglio 1908. Dalla regina Alessandra ».

(testo tratto ed elaborato da Wikipedia)

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