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2 - I Saraceni

I SaraceniCon questo nome erano abitualmente chiamati i gruppi di Arabi dediti alla pirateria e alla guerriglia, che partivano dai porti nordafricani e spagnoli e che con veloci flotte compievano le loro razzie tra le popolazioni delle coste dell' Alto Tirreno e del mar Ligure. Nell'838 una flotta saracena formata da Arabi di Spagna devastò il territorio di Ventimiglia (non si sa se colpì anche la Villa Matuciana, cresciuta attorno a San Siro). Nell'846 la stessa costa fu nuovamente colpita dalle incursioni saracene in diversi punti.
Nell'899 un gruppo di Arabi, provenienti dall'Andalusia Spagnola, fissò il proprio quartier generale al Frassineto, nel golfo di Saint-Navi SaraceneTropez; negli anni successivi, dopo aver distrutto le città circostanti, iniziò una lunga serie di scorrerie per mare col risultato, data la loro vicinanza, di sottoporre le località della costa a distruzioni, saccheggi e rapimenti di donne e uomini da rendere schiavi.
Ormai padroni assoluti del territorio, vista anche la mancanza di un'adeguata protezione politica ma sopratutto militare, i Saraceni intrapresero vere e proprie azioni militari investendo le pianure e le Alpi Piemontesi, senza però perdere di vista le consuete scorrerie costiere, effettuate da bande isolate ma che continuavano le operazioni di saccheggio, violenza ed anche all'oltraggio di chiese e religiosi e il massacro delle popolazioni inermi.


Cavalieri Saraceni in battagliaLa Villa Matuciana subì più volte tale sorte; nel 934, quando Genova fu assediata, messa a sacco e perse 5000 uomini, anche numerosi abitati della Riviera furono devastati e incendiati. In precedenza, tra l'876 e il 915, le spoglie di San Romolo erano state traslate a Genova per evitare che i Saraceni potessero Berengario II Re d'Italiaoltraggiarle; questo fatto, voluto dal vescovo genovese Sabatino, conferma ancora una volta la giurisdizione vescovile di Genova mantenuta sui matuziani.
Dopo il tradimento di re Ugo d'Arles, che nell'estate del 942, giunto sul punto di vincere i Saraceni, per rivalità con Berengario d'Ivrea, li risparmiò, incaricandoli perfino di occupare i valichi alpini per impedire il passaggio alle truppe nemiche, le incursioni ripresero indisturbate.
Ma nel 950 Berengario II, divenuto re d'Italia, riorganizzò amministrativamente il territorio (i comitati di Ventimiglia e di Albenga furono assegnati rispettivamente alla marca Arduinica e all'Aleramica), e nel 972 Guglielmo d'Arles, conte di Provenza, promosse finalmente un'alleanza militare tra i feudatari liguri e provenzali, cui partecipò anche Guido dei conti di Ventimiglia.

Dopo numerose battaglie, fra il 975 e il 980 i Saraceni furono definitivamente sconfitti e il covo del Frassineto espugnato. Un terribile secolo di devastazioni, di dolore e di desolazione aveva contrassegnato l'esistenza delle popolazioni rivierasche, che avevano abbandonato gli abitati sulla costa per rifugiarsi sulle colline e sui monti dell'interno, dove avevano ricostruito i loro borghi, meno esposti ai pericoli, interrompendo ogni attività economica e dedicandosi a un'agricoltura e a una pastorizia di pura sopravvivenza.

Anche i matuziani avevano lasciato le case presso San Siro per trasferirsi nella zona montana di Bevino, fra i monti Caggio e Bignone, là dove era vissuto e morto il vescovo Romolo, e dove abbiamo visto esistevano già alcuni gruppi di case rurali. Il documento del 980 dice che le terre di San Romolo (Villa Matuciana) furono rese "deserte et sine habitatione relicte" a causa delle ripetute azioni saracene.

Cessato il flagello, la gente riprese lentamente una vita normale, ritornando alle abituali residenze e alle consuete occupazioni. Tutto era da ricostruire: case, lavoro, commerci, relazioni. In questo immane disegno di rinascita materiale e morale un ruolo determinante fu assolto dagli ordini monastici e dai vescovi, che distribuirono terre alle famiglie, riorganizzarono i lavori nei campi e ripresero a occuparsi dell'istruzione dei giovani.
La volontà di riconquistare un'esistenza serena spinse le famiglie a impegnarsi a fondo nell'azione di ricostruzione; in breve tempo i borghi risorsero, le campagne tornarono ad animarsi e la vita si riaffermò con tutto il suo vigore.

(Fonte: dal libro " San Remo Cuore e anima di una città",  op.cit. Immagini da archivio privato e dal Web)

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