Dalla sua costruzione ad oggi
La sua costruzione fu voluta nel XVIII secolo dalla Repubblica di Genova, a seguito di una sollevazione popolare sanremese, che, dopo la guerra di successione austriaca, aveva non solo imprigionato il commissario della Repubblica Marinara, Matteo Vinzoni, ma chiedeva anche l’annessione al Regno di Sardegna. All’insurrezione infatti Genova reagì con violenza e per intimidire con le proprie artiglierie i ribelli, decise di ergere un grande forte, ancor oggi memoria di quelle drammatiche vicende sofferte dai nostri lontani avi.
Su consiglio dell’ingegnere militare Giacomo De Sicre, la Repubblica deliberò che la fortificazione, tra gli esempi più mirabili dell’architettura militare del Settecento ligure, fosse eretta sullo spiazzo di Pian di Nave “utilizzando” – come ricostruisce sempre Ferrari – “il preesistente bastione sul quale garriva alla brezza marina la gloriosa bandiera di San Romolo abbattendo tredici delle case che sarebbero venute a essere di ingombro al tiro delle bocche da fuoco verso l’abitato, e con esse l’antico oratorio dei confratelli di San Mauro”.
I lavori di costruzione furono diretti da tale Gio Batta Montaldo Genovese, ebbero inizio alla fine del 1753, incontrando subito l'opposizione dei sanremesi, che non vollero saperne di collaborare. Fu necessario fare arrivare per nave materiali edilizi da Civitavecchia e 200 operai da fuori di San Remo.
Dopo l'abbattimento delle tredici case del quartiere di Pian di Nave, il 10 giugno 1754 le fondamenta erano gettate, ed insieme a una reliquia di Santa Tecla, da cui il nome, la prima pietra del Forte venne posata proprio il 6 luglio 1754 con una messa cantata.
Alla cerimonia intervenne una piccola folla “dai volti corrucciati” che assistette in “silenzioso rammarico” a causa della distruzione delle abitazioni.
I sanremesi, invece, disertarono la cerimonia e si recarono in processione all'Eremo di San Romolo per invocare la protezione del patrono.
Il governatore Doria per rappresaglia fece chiudere la sacra `bauma', incarcerò il povero custode e obbligò il clero da quel giorno a recitare la preghiera per la Repubblica, che spesso e volentieri veniva dimenticata.
Fra continue difficoltà il forte fu portato a termine alla fine di marzo del 1756 e consegnato alla prima guarnigione; nel mese di giugno veniva benedetta la cappella, in luglio i cannoni erano piazzati contro la città ribelle, raggiungendo lo scopo «di aver colà un freno ed una briglia, che tenga in soggezione quel Popolo, onde più non possa rivoltarsi».
Il forte di Santa Tecla (la santa protettrice dei calafati, che i lavori di costruzione avevano obbligato a sloggiare dal loro cantiere...), battezzato ovviamente dai genovesi “di San Giorgio”, fu edificato a pianta triangolare, con un bastione verso il mare e un’opera a corno formata da due mezzi bastioni, separati da una lunga cortina su cui si trovavano pezzi di artiglieria a minacciare la città.
All’interno, il piano terra fu occupato dalla cappella, dai magazzini, dalla cisterna e dall’appartamento comandante; mentre il primo piano fu deputato a ospitare gli alloggi dei soldati e degli addetti, con la polveriera nell’antica torre cinquecentesca che era stata inglobata nel forte, i comandanti, la fanteria e il magazzino. al secondo piano gli alloggi per i due capitani; bombardieri e artiglieri, un quartiere per i soldati, i magazzini e le batterie, due rivolte verso terra e una verso mare.
La potenzialità di fuoco del forte era di 16 grossi pezzi d'artiglieria dai baluardi anteriori e di 5 più piccoli dal bastione posteriore. La costruzione era costata più di 100.000 lire, contro il preventivo di 70.000.
Rimase ufficialmente in uso fino all’invasione napoleonica del 1796, quando la popolazione, che si sentiva liberata dal secolare giogo della Repubblica di Genova, demolì parte degli spalti, impedendo un rapido accesso al molo.
Il forte di Santa Tecla svolse il proprio ruolo anche in età napoleonica, nell'ambito del sistema di difesa affidato alle batterie costiere dislocate lungo la costa. Oltre ai tre cannoni del forte, uno da 36 mm e due da 24 mm, ne venne piazzata una coppia calibro 18 a capo Pino e un'altra alla Madonna della Guardia.
I sette cannoni finirono la loro 'carriera' quali bitte per l'attracco delle navi lungo il molo di ponente del porto.
A partire dal 1864 fu invece adibito a casa circondariale di pena. Restò un carcere fino al 1997, a eccezione del triennio 1915-1918 divenendo base per idrovolanti.
Durante il ventennio fascista lo spiazzo davanti all'entrata del Forte divenne teatro di manifestazioni sportive, celebrazioni e saggi ginnici.
In quel periodo nei suo pressi si attivò anche una società di Idrovolanti da turismo, la SITAR, sfruttando gli Hangar già esisteni.
Durante l’occupazione tedesca tra il 1943 e il 1945 non fu più carcere ma venne utilizzato come deposito di munizioni.
Oggi il Forte di Santa Tecla, dopo essere stato assegnato per un periodo alla Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici della Liguria e infine, è di proprietà del Comune di Sanremo che ne ha destinato i locali, recuperati e restaurati, a mostre e manifestazioni.
(Fonti varie elaborate da Roberto Monfroni; foto proprie e dal WEB)