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3 - Il problema dell'evacuazione dei rifiuti

Con la creazione dell'acquedotto che convogliava in Sanremo le acque dell'Argallo, l'amministrazione comunale aveva creato il più importante presupposto atto a risolvere la questione igienica; essa era ora in grado, infatti, di disporre della sufficiente quantità d'acqua per il lavaggio delle strade e dei canali di scolo e per lo sciacquo delle chiaviche e dei fognoni.
Sulle ali dell'entusiasmo che l'inaugurazione dell'acquedotto provocò nella città, il consiglio comunale decise la costruzione della fognatura generale, riservandosi, però, di lasciare in sospeso la redazione del progetto, sia per l'incertezza del migliore sistema da adottarsi, sia per l'insufficienza dei mezzi finanziari disponibili.

Eseguire una fognatura costituiva, per le possibilità economiche e per le conoscenze tecniche di allora, un problema di non facile risoluzione. Solo nella seconda metà dell'Ottocento alcune città europee si erano impegnate in un simile sforzo e la tecnologia da esse impiegata era ancora per gran parte sperimentale. Inoltre, pur fervendo ormai da un ventennio un acceso dibattito sull'efficacia dei diversi sistemi, non v'era assolutamente accordo tra gli scienziati che si applicavano a questi studi.

La ragione dell'improvviso interesse che la questione fognaria seppe polarizzare era

«...senza dubbio, nell'esser riconosciuto come tale questione stia in stretto rapporto con quanti altri studi si vanno facendo per conoscere la cagione e le origini delle malattie infettive miasmatico-contagiose, e per iscoprire i mezzi atti a prevenirle ed a combatterle. Poiché si riconobbe in mododa non ammetter dubbio, da medici e igienisti, che la condizione di pulizia e nettezza del suolo sottostante alle costruzioni ed alle pubbliche vie, influisce assolutamente sulla purezza dell'aria nelle abitazioni e sulla consalubrità di chi sopra vi abita.
Si riconobbe che i germi di alcune fra le infezioni morbose dominanti chiaminsi essi bacterii, bacilli, microbi o che so io, quando sieno fuori dagli organismi viventi, hanno loro sede e vita nelle deiezioni emesse da coloro che furono colpiti dalle infezioni stesse, e che tali germi propagantisi con grandissima rapidità per l'aria e per l'acqua, conservano nelle materie di deiezione e di rigetto la loro vitalità tenacissimamente e per lunghissimo tempo. Si può quindi stabilire, sotto questo punto di vista, che lo allontanare il più presto possibile e nel modo migliore i materiali di deiezione dai centri abitati sia il primo dovere di quanti sono preposti al pubblico bene ».

Fino agli anni 70, nel Sanremese, il problema della raccolta e dell'evacuazione delle immondizie e delle materie fecali dalle case, non era considerato un problema che investiva la comunità nel suo complesso e dunque ricadente sulle spalle dell'amministrazione comunale, bensì un problema che riguardava il singolo cittadino, che provvedeva la propria casa di pozzi neri e che periodicamente si occupava dello svuotamento e del trasporto delle materie di deiezione e dei rifiuti domestici.
I compiti del municipio si esaurivano con l'evacuazione delle acque piovane dall'abitato, che venivano raccolte in appositi canali di scolo.

Così in Sanremo, come in quasi tutte le città liguri, esisteva soltanto un rudimentale sistema di canali bianchi, costruiti sotto il suolo stradale o in superficie, su un lato delle vie.
Questi canali generalmente immettevano le acque «meteoriche» nei torrenti o direttamente nel mare; solo in qualche caso, analogamente a quanto accadeva per l'acqua di scarico di alcune fontane, i canali bianchi conducevano l'acqua piovana su terreni circostanti all'abitato, dove era usata per l'irrigazione.

Via Capitolo, canali di scolo acque lateraliUn tale sistema di canali di scolo a piccola sezione, pensato esclusivamente per convogliare le piogge, aveva un grave difetto. Nei condotti terminavano spesso immondizie di vario tipo, che stagnavano emanando esalazioni pestilenziali. Queste materie organiche finivano con l'ostruire i canali provocando impaludamenti del fondo stradale.
Quasi mai l'acqua piovana aveva la pressione necessaria a sturare i condotti, trascinando con sé i rifiuti nei torrenti. Ma quando questo avveniva le sostanze organiche finivano di imputridirsi nel greto dei rii in secca.

Greto del torrente San Romolo in secca nella zona del Bastione della CiapélaUna tale situazione, già di per se igienicamente deprecabile, era complicata dal fatto che molte case costruite nei pressi dei corsi d'acqua cittadini vi immettevano direttamente le deiezioni e le acque di rifiuto. Si venivano così a formare nell'alveo dei torrenti «specie nel lungo periodo della loro siccità, ulteriori depositi di materie fetide e putrescenti che non accrescono certo la reputazione delle brezze balsamiche di San Remo, tanto ricercate dai turisti».


Questo grave problema non si risolse nemmeno quando, ultimato l'acquedotto Carli nel 1828, l'amministrazione ebbe a disposizione una notevole quantità d'acqua per le esigenze igieniche dell'abitato. L'acqua della nuova condotta, infatti, immessa a grande pressione, era in grado di sciacquare i canali di scolo, ma non di trascinare via i rifiuti dal greto dei torrenti. Per oltre sei mesi all'anno, così, il San Romolo, il San Francesco e il San Lazzaro erano dei veri e propri condotti fognari scoperti e stagnanti.

Fino agli anni settanta Sanremo dipendeva da un sistema di «cessi a secco» , consistenti in un buco nel pavimento dei gabinetti delle case, che rappresentava l'estremo di un condotto verticale con sfogo in una stanza del pianterreno, dove in genere si trovava un pozzo nero. Le sostanze organiche liquide e solide prodotte dagli utenti delle latrine, e talvolta le stesse immondizie domestiche, venivano fatte precipitare lungo il condotto senza l'ausilio dell'acqua, e finivano nel pozzo nero o nella vasca di raccolta, o ancora si accumulavano semplicemente nella stanza che le accoglieva, finché la mancanza di spazio non costringeva a rimuoverle.

I sistemi a cui ci si affidava per la raccolta degli escrementi nelle case erano diversi: v'era il sistema dei pozzi neri impermeabili, quello dei pozzi neri assorbenti, quello dei bottini mobili e quello delle stanze di deposito. Il primo e il terzo sistema richiedevano l'impiego di capitali, sia pure esigui, per la costruzione e l'allestimento ed erano generalmente usati nelle case borghesi; il secondo e il quarto, di facile realizzazione, erano invece sistemi usualmente impiegati nelle abitazioni popolari. Nel complesso i pozzi neri, assorbenti e impermeabili, costituivano l'espediente di gran lunga più utilizzato in Sanremo.

Gli inconvenienti che medici e scienziati riconoscevano al sistema dei pozzi neri erano diversi. In primo luogo essi, che fossero assorbenti o no, non erano impermeabili, perché anche le pareti in muratura erano con il tempo soggette ad infiltrazioni.

«...ne avviene quindi che dopo un certo tempo il terreno tutto all'intorno dei pozzi neri resta infetto ed imbevuto, per uno spazio più o meno grande, a seconda della maggiore o minore porosità del terreno circostante di materia immonda e putrescibile che rende infetta ed insalubre e nociva l'area da noi respirata. E non è nemmeno difficile il farci un concetto del come questa infezione può arrivare fino a noi.
L'abbassamento della falda d'acqua sotterranea richiama in sostituzione l'aria atmosferica che penetra nelle cavità e nelle porosità del terreno sovraccaricandosi di gas infetti, mentre che il successivo innalzamento della corrente d'acqua nello strato permeabile scaccia l'aria infetta dai vacuoli del terreno e la diffonde negli ambienti abitati. Questo ricambio d'aria tra il suolo e l'atmosfera avvenendo in modo abbastanza continuo e rapido, massime nelle stagioni piovose, si capisce di leggieri come possa esercitare una influenza notevole sulle nostre abitazioni ».

In secondo luogo, grave inconveniente dei pozzi neri era quello

«...delle emanazioni fetide che dai serbatoi superiori salgono ad infettare gli appartamenti sovrapposti, seguendo la via dei condotti destinati allo sgombro delle deiezioni. Adottando dei pozzi neri dalle dimensioni considerevoli, onde non esser costretti ad evacuare troppo di frequente le materie immessevi, ne viene che le deiezioni ed i rifiuti domestici, restando là raccolti in quantità non indifferente, in un'atmosfera povera d'ossigeno, subiscono una specie di fermentazione putrida, dando origine a gas deleteri, quali sono l'ammoniaca, l'acido carbonico, l'ossido di carbonio, l'idrogeno solforato, di cui una gran parte si diffonde nelle abitazioni ».

I pozzi neri, comunque, erano visti come un male necessario in quanto avevano una grande importanza nell'economia del Sanremese. Il suolo della Liguria è molto povero, in gran parte roccioso e nella restante parte poco fertile.
La concimazione della terra era una misura indispensabile a rendere il raccolto meno ingrato.

I concimi chimici negli anni ottanta del XIX secolo non erano ancora usati e il guano era molto costoso. La concimazione, e dunque il livello di produttività agricola del Sanremese, dipendeva così in gran parte dalla capacità degli abitanti del capoluogo di produrre escrementi abbondanti e ben azotati.
Questo faceva sì che i pozzi neri cittadini venissero svuotati dagli stessi contadini del circondario, che per lungo tempo furono disposti anche a pagare pur di poter disporre del prezioso materiale. Quando iniziò la concorrenza del guano, però, i proprietari dovettero rassegnarsi a concedere agli agricoltori il contenuto dei pozzi in cambio dell'opera di pulizia.

Il maggior approvvigionamento idrico, di cui Sanremo poté disporre, grazie all'Acquedotto Marsaglia, inaugurato il 12 marzo 1885, creò un grande problema di sopravvivenza a questo secolare e sperimentato sistema di evacuazione delle deiezioni liquide e solide. Infatti la nuova grande quantità d'acqua finiva, dopo gli usi domestici, nelle latrine.
Addirittura, ora che si imponeva la moda del water closet, migliaia di litri d'acqua pulita finivano giornalmente nei pozzi neri. Il risultato era che gli escrementi tanto utili all'agricoltura venivano diluiti in modo spropositato e i contadini iniziarono di conseguenza a perdere interesse per un prodotto divenuto scarsamente efficace e difficilmente trasportabile.

Si cominciò così a pagare il servizio di svuotamento dei pozzi, che doveva ora essere eseguito con maggior frequenza, dato che le fosse a causa dell'acqua si riempivano più in fretta. E la piega presa dagli eventi non piacque a nessuno: scontentò infatti i contadini, che persero la possibilità di usufruire gratuitamente di grandi quantità di concime, e scontentò i proprietari e i turisti, danneggiati economicamente dagli eventi, ma soprattutto disturbati ora troppo spesso dalle operazioni di svuotamento delle fosse.
Insomma aveva fatto bene l'amministrazione comunale a deliberare la costruzione della fognatura; sembrava questa l'unica soluzione di un problema che si andava sempre più ingarbugliando.

La delibera del 28 maggio 1885 fu però più che altro uno stratagemma per prendere tempo; le finanze comunali dopo la realizzazione dell'acquedotto non erano floride e gli amministratori sapevano bene che la fognatura, seppure deliberata, non si sarebbe per lungo tempo potuta costruire.
Il tempo tuttavia acuì maggiormente i problemi che erano sul tappeto. Tra la fine degli anni ottanta e gli inizi del nuovo secolo, infatti, si diffuse in Sanremo la consuetudine di allacciare abusivamente i pozzi neri ai canali stradali.
Ai proprietari era sufficiente collegare la parte superiore delle fosse ai condotti delle acque metereologiche, in modo che potesse defluire il contenuto liquido; ciò che restava di solido era infatti vendibile ai contadini.

Annotazione tecnica:
Nell'Ottocento erano stati sperimentati tre differenti sistemi di fognatura: quello a canalizzazione mista, in condotti a sezione grande (sistema francese) o ridotta (sistema tedesco); quello a canalizzazione distinta con circolazione continua (sistema inglese); quello a canalizzazione distinta semplice (sistema americano) .
Il sistema a canalizzazione mista prevedeva la creazione di un'unica rete a canali sotterranei destinati a ricevere i materiali di deiezione, le acque di rigetto delle cucine, le acque piovane, quelle di rifiuto delle industrie, dei lavatoi pubblici e privati, dei macelli, ecc. e a evacuarle dai centri abitati immettendole nei fiumi o nel mare, o destinandole all'irrigazione delle campagne.
Era il sistema adottato nelle grandi città europee come Londra, Bruxelles e Parigi, dove esistevano due specie di canali: i collecteurs e gli égouts (raccoglitori e fogne). Gli égouts, a cui erano allacciate le arterie secondarie provenienti dalle case, correvano sotto le strade e raccoglievano le acque e le materie immonde per versarle poi nei collecteurs, o canali principali, che sboccavano a valle nella Senna.

Questo sistema era in uso anche a Berlino, Amburgo e Francoforte, dove però invece di condotti a grande sezione erano stati adottati condotti ovoidali a sezione ridotta, convenientemente alimentati da acque, onde impedire il ristagno dei materiali di rifiuto.

Il sistema della canalizzazione mista era avversato da molti scienziati, che ritenevano che i liquami delle fogne potessero, a prescindere dalla bontà dei materiali usati nella loro costruzione, infiltrarsi comunque attraverso le pareti dei condotti, inquinando il terreno circostante.

Un altro inconveniente grave di questo sistema era costituito dalla formazione di gas deleteri nei canali, prodotti dalla fermentazione delle materie putride stagnanti, che erano in grado di salire fino nelle case. E questo spiegava perché una volta

« ...introdottasi l'epidemia in una grande città, riesce impossibile l'arrestarla; diffondendosi essa sicuramente e rapidamente per mezzo di questo dedalo sotterraneo e tenebroso, che come un'immane madrepora dai mille tentacoli, abbraccia nella sua stretta fatale tutte le case, tutte le famiglie e vi porta la malattia e la morte ».

Il sistema della canalizzazione distinta con circolazione continua, usato soprattutto in Inghilterra, era composto da due serie di condotti: l'uno per le acque piovane, l'altro per le acque di rigetto e per le deiezioni. Per queste ultime era stabilita una circolazione continua ottenuta mediante una speciale condotta d'acqua, che si immetteva nel circuito fognaria e che, entrata pura, ne usciva carica di materie fertilizzanti.
I condotti conducevano quest'acqua nelle campagne, dove veniva usata per l'irrigazione. La canalizzazione, in questo sistema, era generalmente fatta in ghisa con tubi di grande sezione. Per il suo funzionamento, però, erano necessari molti litri d'acqua per abitante da immettere giornalmente nel circuito.

Il sistema della canalizzazione distinta semplice, molto usato negli Stati Uniti, prevedeva la separazione dei condotti per le acque piovane e per le acque immonde.
All'estremità superiore dei canali secondari del circuito di queste ultime erano predisposte apposite cisterne d'afflusso, per mezzo delle quali si poteva versare una notevole quantità d'acqua nei condotti, ottenendo così il loro rapido lavaggio. Questo sistema, però, oltre a richiedere molta acqua, aveva bisogno di forti pendenze di terreno. Imponeva inoltre la dispersione delle materie di deiezione nei fiumi o nei mari.

Il primo progetto di una fognatura generale per la città di Sanremo fu elaborato dall'amministrazione Asquasciati nel 1890 e prevedeva la costruzione di tre grandi collettori nell'alveo dei torrenti San Romolo, San Lazzaro e San Francesco e di collettori secondari da eseguirsi lungo le direttrici delle principali strade urbane.
Il sistema adottato dal piano era quello del "tout à l'égout" (drenaggio). Le acque piovane, quelle di rigetto e i materiali di deiezione sarebbero stati dispersi nel mare a conveniente distanza dalla riva nel tratto prospiciente all'abitato.
Il secondo progetto, degli ingegneri Losio e Pagliani di Torino, elaborato nel 1901, era senz'altro più complesso e articolato del precedente. Il sistema da essi adottato era quello della canalizzazione distinta semplice, che si avvaleva di una conveniente distribuzione di «cacciate» automatiche d'acqua. Il liquame sarebbe dovuto sfociare in mare, a cento metri di distanza dall'arenile, all'altezza del torrente Bernardo, depurato con il sistema biologico.
Il progetto prevedeva la costruzione di quattro collettori principali paralleli alla spiaggia, lungo le vie Cavallotti - Garibaldi - Palazzo, la via Vittorio Emanuele, la via Roma e il corso Carlo Alberto, su cui convergevano i canali secondari stradali, che raccoglievano tramite i tubi terziari i liquami delle abitazioni, con inclinazione dall'alto in basso, in modo da convogliare le acque e le materie immonde verso la parte più declive della città, ad ottanta metri ad ovest della stazione ferroviaria, lungo corso dell'Imperatrice, da dove un collettore generale unico avrebbe condotto il liquame alla foce del torrente Bernardo.

L'ultimo progetto di fognatura generale elaborato per Sanremo prima della guerra mondiale è quello della ditta Zucchetti & Brugnatelli di Milano, del 1912. I due ingegneri lombardi convennero con i loro predecessori piemontesi scartando il sistema della canalizzazione mista e adottando quello della canalizzazione distinta semplice, che meglio si adattava alle caratteristiche topografiche della città.

« Col nuovo progetto Zucchetti-Brugnatelli le acque cittadine sono smaltite da due collettori principali; un collettore di ponente che raccoglie i liquami del centro urbano e della regione di ponente e li versa in mare presso il cimitero; ed un collettore di minore portata verso il levante che convoglia i liquami della corrispondente regione, immettendoli nel mare al di là di San Martino ».

Anche nel corso del dibattito che animò le sedute del consiglio comunale sulla questione fognaria si riprodusse la frattura fra «filoturisti» e fautori di uno sviluppo basato sulle attività economiche tradizionali. I primi volevano la fognatura generale per risolvere definitivamente la questione igienica, per prevenire le epidemie e per assecondare i desideri della colonie étrangère; i secondi (la cui parola d'ordine era laissez-faire) avversavano la sua costruzione, preoccupati soprattutto dei contraccolpi che la fine della grande disponibilità di concime avrebbe comportato per l'agricoltura.

All'interno del consiglio comunale v'era poi uno schieramento centrista, che voleva che si risolvesse il problema dell'evacuazione dei rifiuti urbani senza sottrarre all'agricoltura il concime che le era necessario. Questo a Sanremo voleva dire no alla fognatura, in quanto non era allora possibile, per gli alti costi che si sarebbero incontrati, convogliare i liquami sui terreni coltivati, quasi tutti collinari.

Il personaggio più rappresentativo di questa fazione era l'ingegnere Giacomo Picconi, consigliere comunale e poi assessore nell'ultimo periodo dell'amministrazione Asquasciati, autore di un importante studio sulla questione fognaria. Picconi era un fermo sostenitore di una regolamentazione ferrea delle modalità di evacuazione dei liquami e propugnava l'adozione del sistema delle fosse mobili a completa asportazione delle deiezioni liquide e solide, che si praticava con successo in molte città tedesche.

« Il servizio di queste fosse è molto semplice, ove sia stato impiantato abbastanza in grande, tanto più che può essere fatto assai utilmente per opera di una società appositamente costituita. La costituzione di questa società non esigerebbe un grande capitale primitivo d'impianto. Le fosse mobili potrebbero anche essere botti a petrolio già usate, opportunamente cerchiate e munite di coperchio a chiusura ermetica... Per ogni casa basterebbero due botti, per eseguire il ricambio.
L'asportazione di queste botti sarebbe fatta periodicamente ogni quattro o cinque giorni, nelle ore più opportune della notte, senza recar noia o disturbo agli inquilini, per mezzo di carri su cui si potrebbero trasportare le botti vuote di ricambio ed esportare le piene ».

Per risolvere la questione dell'evacuazione dei rifiuti urbani, in Sanremo, tra il 1885 e il 1915, non si costruì una fognatura generale, come sperava la borghesia «filoturista» raccolta attorno al sindaco-banchiere Asquasciati; non si rese obbligatorio il sistema delle fosse mobili, come volevano i tecnici rappresentati in consiglio dall'ingegnere Picconi; né tantomeno ci si astenne dall'intervenire, come esigevano il consigliere Viale e gli altri esponenti del partito «antiturista».

Le misure che vennero varate, comunque, furono tali da non scontentare completamente nessuna fazione. Infatti alcuni tronchi fognari vennero realizzati, il sistema di evacuazione dei liquami fu regolamentato, ma si tollerò, allo stesso tempo, che si continuassero a scaricare le deiezioni liquide nei canali stradali.
Esistevano, alla fine del secolo, due differenti specie di allacciamenti fognari abusivi: quelli che univano i pozzi neri, generalmente nella loro parte superiore, ai canali stradali e quelli che collegavano direttamente i condotti delle latrine al letto dei torrenti. Nel primo caso erano solo le deiezioni liquide a finire negli alvei dei rii San Romolo, San Francesco e San Lazzaro, nel secondo caso vi terminavano tutte le sostanze gettate lungo i doccioni dei gabinetti: deiezioni liquide, materie fecali, acque domestiche e persino immondizie.

La municipalità tollerava una tale situazione ritenendola temporanea e pensava che in breve tempo, con la costruzione della fognatura generale dell'abitato, la questione si sarebbe risolta da sola. Ma per tutto il periodo considerato non venne realizzata alcuna rete fognaria e la paura dei miasmi che esalavano dal greto dei torrenti provocò spesso petizioni e lettere di protesta indirizzate agli amministratori pubblici.
Ma il consiglio comunale restò per molti versi sordo a tali lamentele e talvolta autorizzò addirittura la costruzione di fognoli privati, riservandosi il diritto di usufruire di tali allacciamenti abusivi. Su questo punto, indubbiamente, avevano vinto gli «antituristi» fautori del laissez-faire.

In palese contraddizione con questo atteggiamento permissivo, però, l'amministrazione, nel 1883, aveva approvato il nuovo Regolamento d'igiene che conteneva norme importanti finalizzate alla razionalizzazione del sistema di raccolta ed evacuazione dei rifiuti urbani, norme di cui si avvertiva la matrice «picconiana».

« Gli articoli del Regolamento d'igiene del suolo e dell'abitato della città di San Remo proibivano gli allacciamenti dei pozzi neri e dei condotti delle latrine ai torrenti e ai canali bianchi; vietavano il sistema dei pozzi assorbenti e delle stanze di deposito, mentre autorizzavano i pozzi neri impermeabili e i bottini mobili; prescrivevano, nelle latrine, l'obbligo di sifoni, chiusure ermetiche, apparecchi idraulici per lo scarico dell'acqua e tubi di sfogo per i gas nocivi; introducevano la costrizione allo spurgo inodore delle fosse; fissavano orari notturni per le operazioni di pulizia e svuotamento dei pozzi e di trasporto delle materie fecali; vietavano l'uso di concime naturale nel perimetro urbano; prescrivevano l'obbligo dei proprietari di allacciare i propri pozzi neri alla fognatura generale, una volta che questa fosse stata realizzata; proibivano, infine, lo scarico delle immondizie sui prati o nei torrenti.
Erano previste multe e sanzioni per chi avesse trasgredito queste norme, naturalmente non erano dei semplici provvedimenti amministrativi che potevano risolvere il problema delle condizioni igieniche dei torrenti urbani ».

Un terzo tipo di misure che, tra il 1885 e il 1915, il consiglio comunale intraprese riguardo alla questione dello smaltimento dei rifiuti urbani, concerne la costruzione di fognoni e la sistemazione degli alvei dei torrenti cittadini, in vista di una loro futura trasformazione in collettori fognari.
Si trattava del primo passo verso la realizzazione di una fognatura generale dell'abitato, principale richiesta dello schieramento filoturista.

Torrrente San FrancescoCondotti fognari vennero costruiti per allacciare pubblici edifici come il mattatoio, l'ospedale, la stazione, i lavatoi e i gabinetti pubblici, che richiedevano il costante smaltimento di grandi quantità di acque e materie immonde, e lungo i principali torrenti cittadini. Il liquame finiva in mare nel tratto prospiciente all'abitato.
Torrente Rio FoceI rii San Romolo, San Francesco, San Lazzaro e Foce vennero, dunque, a distanza di alcuni anni l'uno dall'altro, provvisti di condotti fognari.

La condizione igienica dei torrenti però, pur migliorando, rimase sostanzialmente precaria, soprattutto a causa dei numerosi allacciamenti fognari abusivi.


Nel nuovo secolo si giunse allora ai provvedimenti di copertura e sistemazione parziale dei letti del San Francesco, del San Lazzaro e del Foce e alla copertura e sistemazione totale del San Romolo, il più inigienico torrente cittadino.

Il torrente San Romolo Le vicende di quest'ultimo sono emblematiche. Fu parzialmente coperto già negli anni 1878 /79, in occasione della costruzione di corso Umberto I.
Negli anni novanta si progettò la sua copertura totale, la sistemazione del suo alveo e la sua trasformazione in condotto fognario. L'amministrazione allora in carica, però, si limitò semplicemente a costruire un fognone lungo la sua sponda.

Lavori per la copertura del torrente del 1902Nel 1902 fu lastricata una parte del suo letto unendo l'orto davanti al Convento della Turchine con la piazzetta dietro la Chiesa di San Siro (allora chiamata piazza del mercato) creando quella che sarà la piazza del Mercato nuova.


La Nuova Piazza del Mercato, sopra la copertura del torrente

Nel 1910 si procedette ad una seconda parziale copertura, per rendere possibile l'allargamento della piazza del Mercato.

Lavori di copertura iniziati dalla precedente coperturaNel 1912 fu nuovamente deliberata la sua totale copertura; l'amministrazione Natta-Soleri chiese allora il riconoscimento della pubblica utilità dell'opera e la La copertura raggiunge il ponte della Ciapèlaconcessione di un mutuo agevolato che rendesse possibile i lavori.

Tra il 1913 e il 1914 la copertura fu estesa fino alla via Morardo ed al Ponte della Ciapella, completando così la piazza che, nel 1917 fu intitolata agli Eroi Sanremesi.

Poi arrivò la guerra e la questione delle condizioni igieniche del San Romolo fu messa da parte.

Nel dopoguerra se ne riprese comunque a parlare
Nel 1918, infatti, una petizione popolare segnalò la gravità della situazione direttamente al prefetto, che incaricò l'ispettore di sanità di effettuare un sopralluogo.

I risultati di questa ispezione confermarono la necessità di tornare ad occuparsi di questo corso d'acqua.

« Il torrente San Romolo nel suo decorso nell'abitato riceve acque di frantoi, acque di rifiuto delle case e dei lavatoi, e tutte quelle altre acque luride e rifiuti domestici, che vi vengono abusivamente versati dagli inquilini delle case latistanti, nonché le acque di lavaggio delle strade. Il letto del torrente, tanto nella parte scoperta, come nella parte sottostante alle vie, è in massima parte permeabile con pendenze e contropendenze tali da costituire qua e là delle pozze più o meno profonde, ove le acque ristagnano e si decompongono. Il fondo di queste pozze è costituito da uno strato melmoso in decomposizione dal quale si sollevano continuamente bolle di gas putridi; i quali talora, e per la loro abbondanza, e per l'azione di certi venti, invadono le case vicine, costringendone gli inquilini a barricarsi in esse....»

Alveo del torrenta sotto la coperturaL'ufficiale sanitario consigliava la pavimentazione del greto del torrente e la sua copertura totale, ma il sindaco nell'inoltrare la relazione al prefetto aggiungeva: « ritengo che non sia questo il momento per risolvere il complesso problema della sistemazione dei torrenti che attraversano la città, sistemazione che si connette col problema della fognatura cittadina ».

Il torrente è completamente coperto finoal Ponte della CiapélaQuesta considerazione derivava dal fatto che il peggio delle situazioni igieniche dei torrenti era naturalmente nel periodo estivo, quando il caldo faceva putrescire le sostanze organiche nei letti dei torrenti. Invece durante la stagione turistica, che iniziava in ottobre per concludersi in aprile, le piogge fornivano acqua sufficiente a rimuovere quelle sostanze dai greti; inoltre la bassa temperatura invernale impediva la rapida decomposizione dei rifiuti ed infine l'azione dei venti marini spazzava via gli effluvi miasmatici.
Tuttavia non mancavano le lamentele e le proteste, specie da parte dei cittadini, che vivevano in città tutto l'anno.

Le risorse del comune erano abbondanti grazie al turismo, ma non infinite. Infatti trovò i fondi per realizzare un nuovo ospedale con annesso servizio di disinfezione o per municipalizzare l'Acquedotto, ma non riusciva reperire la somma che era necessaria per dotarsi di una moderna rete fognaria.
Ancora una volta, dunque, la risoluzione del problema delle condizioni igieniche dei torrenti urbani, nell'illusione che si sarebbe presto costruita la rete fognaria, subì un rinvio.
Però, fino agli anni trenta, nessuna amministrazione si sobbarcò l'onere finanziario che comportava una tale realizzazione e proprio per questa ragione possiamo concludere che, nonostante l'efficienza raggiunta dal servizio di nettezza urbana, dall'organizzazione sanitaria e sul piano dell'approvvigionamento idrico, la questione igienica nella Sanremo della belle époque non fu mai completamente risolta.

Appena partivano i turisti, insomma, cominciava per i residenti la dura convivenza con gli effluvi dei torrenti, pieni di deiezioni, immondizie e acque di rigetto.
Ma Sanremo era una ville pour les autres e i problemi venivano presi in considerazione solo quando avevano un'influenza diretta e nefasta sulla vita della colonia straniera; le ingenti spese venivano tollerate soltanto quando erano finalizzate al turismo, che dava prosperità alla città.
La fognatura generale dell'abitato non era un'opera che avrebbe arrecato un grande giovamento agli hivernants, quanto piuttosto ai residenti, e per i sanremesi simili spese non potevano venire affrontate.

E così la Sanremo della belle époque, proprietaria di uno dei più efficienti acquedotti europei e di un lussuoso casinò, accettava di perpetuare un arcaico e inigienico sistema di evacuazione dei rifiuti urbani, che condizionava la nettezza dei torrenti e comprometteva, almeno per sei mesi all'anno, la generale salubrità dell'abitato.