Marinaio e Capitano onorario delle guardie pontificie. 

Nacque nel 1530 da famiglia sanremasca (secondo alcuni studiosi le sue origini sono bordigotte), fu un capitano di mare, che in alcuni testi L'obelisco di Piazza San Pietroappare con il nome di "Giacomo Bresca"; sposò Maria Barnaba nell'anno 1595 e morì a Sanremo nel 1603.

Il cognome Bresca è documentato nella storia di Sanremo dei secoli scorsi e proprio un Benedetto Bresca, figlio di Raimondo, è citato con il fratello Francesco in un atto del notaio Fizero del 1562. La sua figura storica è legata soprattutto all’episodio dell’innalzamento dell’obelisco in piazza San Pietro a Roma nel 1586.
Di tale avvenimento, peraltro, alcuni studiosi hanno messo in dubbio la veridicità storica per via della totale assenza di documenti in merito, alimentando così l’aura leggendaria che lo circonda.

Il grande obelisco di piazza San Pietro era stato trasportato dall’Egitto a Roma nel I secolo d.C. sotto l’imperatore Caligola e, ai tempi di papa Sisto V, si trovava nei giardini vicino alla basilica costantiniana di San Pietro, ormai dimenticato e ricoperto da quasi otto metri di fango e acqua stagnante. Fu Giacomo della Porta a riportarlo alla luce su ordine di Sisto V, che, colpito dalla maestosa bellezza del monolito, predispose lo studio di vari progetti per la sua erezione in piazza San Pietro.
Alla fine scelse quello dell’architetto Domenico Fontana (1543-1607), anche per l’intraprendente sicurezza con cui quest’ultimo aveva intenzione di affrontare l’impresa. Per trasportare ed innalzare l’obelisco furono però necessari imponenti lavori preparatori, mentre un bando del papa affìsso agli angoli delle strade, ordinava al popolo il più rigoroso silenzio durante il lavoro di sollevazione, pena la decapitazione.

Il cantiere per l'innalzamento dell'obeliscoIl 10 settembre 1586, giorno stabilito per l’innalzamento dell’obelisco, si radunarono in piazza San Pietro gli addetti alle operazioni di erezione del monolito, circa novecento uomini, a cui faceva ala una grandissima folla arginata a stento dalle guardie vaticane. Molto lentamente, tra il cigolio degli argani manovrati da 44 cavalli, l’obelisco cominciò a sollevarsi fino a raggiungere una posizione quasi verticale, ma a questo punto sopraggiunse un fatto imprevisto che venne a scompaginare i piani dell’architetto Fontana e a porre a serio rischio il compimento dell’opera: le corde, provate dallo sforzo, si erano infatti allungate per effetto della trazione e stavano pericolosamente sfilacciandosi, mentre gli argani, inceppati per la troppa corda, si erano fermati.

Dopo alcuni istanti, in mezzo a un angoscioso silenzio, irruppe improvviso il grido «Aiga a-e corde!» (acqua alle corde!), che la tradizione ha appunto attribuito al Bresca, frammischiato tra la gente che gremiva la piazza. Fontana, già pronto a darsi alla fuga, intuì che l’ammonizione potesse essere efficace e ordinò seduta stante di irrorare abbondantemente le funi con la stessa acqua usata per dare da bere ai cavalli, cosicché, di colpo, senz’altra manovra, l’obelisco si drizzò poggiandosi perfettamente sulla base.


Una gioia incontenibile invase tutti i presenti e gli operai, tra gli osanna della folla esultante, accorsero verso Fontana per portarlo in trionfo al cospetto del papa, mentre Bresca veniva arrestato per aver infranto il divieto pontificio di non parlare; temette allora per la sua vita conoscendo la particolare severità di Sisto V e la sua scarsa propensione a graziare coloro che avessero osato trasgredire ai suoi ordini. I timori del marinaio sanremese risultarono però fortunatamente infondati in quanto, portato davanti al pontefice, ne ricevette la solenne benedizione e un fraterno abbraccio.
Processione coi palmarelli a Roma

Come ulteriore ricompensa, il papa lo elevò anche al grado di capitano onorario delle guardie pontificie, conferendogli nello stesso tempo il diritto del vessillo papale sul naviglio comandato, e, su richiesta dello stesso Bresca, gli concesse l’altissimo privilegio della fornitura perpetua al Vaticano delle foglie di palma della Riviera ligure in occasione della festa della domenica precedente la Pasqua.
Tale privilegio sarebbe stato quindi confermato anche ai suoi discendenti, che forniscono ancor oggi le loro caratteristiche palme lavorate e intrecciate al Palazzo Apostolico e alle tre basiliche maggiori per la solennità della Domenica delle Palme.



Dipinto che riporta l'episodio

I PalmarelliL’episodio che vide protagonista il marinaio matuziano è stato anche immortalato in una lapide sovrastante la seconda finestra della Biblioteca Sistina, mentre una successiva testimonianza proverebbe l’autenticità del privilegio di fornire le palme: quando Giacomo Bresca, discendente da Benedetto, giunto a Roma con un carico di palme, mosse incontro a papa Pio VII con un gruppo di bambini con in mano ciascuno una palma lavorata del Ponente ligure, il pontefice, in segno di gratitudine, ne fece collocare due sulla sua carrozza, e, per l’occasione, confermò al nostro concittadino l’antico privilegio concesso oltre due secoli prima al coraggioso marinaio del celebre grido di piazza San Pietro.


(Fonti: Vite di Sanremesi Illustri di A. Gandolfo; immagini da Archivio privato e Web)