Vescovo e Santo
Il culto di San Siro nel territorio sanremese è di origine antichissima e si allaccia al periodo in cui Siro, vescovo di Genova dimorò in questa terra.
Non è possibile stabilire la data precisa perché la cronologia dei primi vescovi di Genova è molto incerta: alcuni ritengono l'anno 324, altri gli anni dal 349 al 381, altri ancora il 510-530 e qualcuno ipotizza periodi ancora successivi.
Certo è che Siro, ancora prima di essere nominato vescovo, abitò nel territorio matuziano predicando la religione di Cristo e compiendo miracoli: le cronache di storiografia religiosa narrano, ad esempio, che la figlia di un certo Gallione, esattore delle tasse, abitante in una località a quattro miglia dal territorio matuziano fu liberata dal demonio per opera dello stesso Siro.
I Sanremesi, non si dimenticarono di lui, per le opere di bene che aveva compiuto e continuarono a venerarlo anche quando, tornato a Genova, fu nominato Vescovo.
Nonostante un altro vescovo, San Romolo, avesse raggiunto il territorio sanremese e avesse operato miracoli, guadagnandosi la stima e la venerazione degli abitanti, tuttavia il culto per San Siro non venne meno ed entrambi furono considerati come i protettori del territorio.
Alla morte, San Romolo fu sepolto presso la tomba del corepiscopo Ormisda che era andato a predicare il Vangelo in terra di Matuzia poco prima che vi si recasse San Siro: è molto probabile che su quella tomba Siro abbia innalzato un altare per celebrare le funzioni religiose, che costituì il primo nucleo di quella che attraverso i secoli sarebbe diventata l'attuale cattedrale di San Siro.
Dopo alcuni anni di predicazione in terra matuziana Siro sarebbe stato richiamato a Genova dal vescovo Felice ed alla morte di questi sarebbe stato acclamato vescovo della città.
Racconta la leggenda che a quel tempo a Genova c'era un grosso basilisco che stava in fondo a un pozzo, appestando col suo fiato la città. San Siro dopo un triduo di preghiere e penitenza andò presso il pozzo, vi calò un secchio e ordinò al basilisco di entrarvi. L'animale obbedì al santo che, dopo averlo tirato su dal pozzo gli ordinò di gettarsi in mare.
Il basilisco obbedì e scomparve per sempre. Con questa leggenda si voleva probabilmente ricordare la lotta condotta dal santo per combattere l’eresia ariana, simboleggiata dal mostruoso animale.
Le fonti sono concordi nell'indicare in una trentina d'anni la durata del suo episcopato.
Il Martirologio Romano colloca la sua morte al 29 giugno, probabilmente del 381, tuttavia nelle chiese liguri a lui dedicate la sua festa si celebra il 7 luglio, giorno in cui viene commemorata la traslazione delle sue reliquie nella cattedrale genovese di San Lorenzo (7 luglio 1019) ad opera del vescovo Landolfo I. Sarebbe morto vecchio e in fama di santità.
Fu sepolto a Genova, nella Basilica dei Dodici Apostoli, che gli fu poi intitolata. Si racconta che mentre il suo corpo veniva portato alla basilica, un nauclerio libico raccolse con un fazzoletto il sangue che il vescovo perdeva dal naso. Quando l'uomo tornò al suo paese il fazzoletto compì molti miracoli tra cui la guarigione di bambini.
Oltre a quelle già ricordate di Genova e Struppa, altre chiese a lui intitolate si trovano a Nervi, Langasco (Campomorone) e Viganego (Bargagli). A Sanremo gli fu appunto dedicata una cattedrale.
Le reliquie del santo sarebbero custodite nell'altare maggiore della cattedrale di San Lorenzo, insieme a quelle dei tre santi vescovi Valentino, Felice e Romolo.
(fonti Nilo Calvini; Dino Punchuc)