7 - Ancora problemi per le Amministrazioni tra Magistratura e ruberie al Casinò
Ai primi di dicembre iniziava il processo ai centodiciotto croupiers e clienti coinvolti nei furti alla Casa da Gioco nel capannone del maneggio dei cavalli in zona Solaro.
Il 23 dicembre 1981 il presidente della commissione di controllo del Casinò Antonio Semeria rassegnava infine le dimissioni, subito accolte dal ministro dell'Interno.
Il 19 marzo 1982 il Pubblico ministero del processo del Solaro Rocco Blaiotta chiese la condanna di tutti gli imputati a pene che ammontavano complessivamente a cinquecento anni di carcere.
Il 28 maggio successivo il Tribunale, presieduto da Renato Viale, condannò quindi centododici dei centodiciotto imputati, sei vennero assolti, a pene varianti da pochi mesi a otto anni di reclusione.
Intanto la commissione per l'affidamento della gestione del Casinò, presieduta dal magistrato di Cassazione Domenico Riccomanno, aveva proceduto alla scelta delle due società private, la Flowers Paradise del conte Giorgio Borletti e la SIT dell'ingegnere Michele Merlo, che avrebbero dovuto contendersi l'appalto per la gestione della Casa da Gioco.
Nel mese di ottobre il Comune acquistò dall'ATA di Bertolini il marchio del Festival della Canzone al prezzo di 84 milioni, mentre nello stesso periodo la Chiesa Russa veniva dichiarata proprietà della Comunità di profughi russi, costituitasi nel 1961.
Il 22 gennaio 1983 nella sala Fiorentina di Palazzo Bellevue il magistrato Riccomanno proclamò vincitore dell'asta per l'aggiudicazione dell'appalto del Casinò la società del conte Borletti che aveva offerto 18 miliardi e 650 milioni l'anno contro i 21 miliardi offerti dall'ingegner Merlo.
Nonostante avesse offerto molto meno, Borletti si era aggiudicato l'asta in quanto l'offerta di Merlo aveva sforato di 20 milioni il tetto massimo stabilito, che ammontava a 20 miliardi e 980 milioni.
Subito dopo l'aggiudicazione dell'appalto a Borletti, Merlo presentava però ricorso contro l'esito dell'asta, mentre Borletti, dal momento che la Giunta tardava a consegnargli le chiavi della Casa da Gioco, chiedeva e otteneva il sequestro conservativo del Casinò. Dopo diversi mesi passati tra ricorsi alla magistratura e pareri di esperti, il 9 agosto 1983 si tenne una riunione nello studio del presidente del Tribunale di Sanremo Viale, alla presenza del conte Borletti, dell'ingegner Merlo e del sindaco Vento, nel corso della quale Borletti rinunciò definitivamente a gestire la Casa da Gioco lasciando via libera a Merlo.
Mancava allora soltanto il beneplacito del ministro dell'Interno Oscar Luigi Scalfaro, che però non prese alcuna decisione inviando anzi ai magistrati milanesi che indagavano sul Casinò una lunga relazione che raccoglieva tutti i sospetti di corruzione e mafia che gravavano sull'ingegner Merlo.
Nel mese di novembre la situazione precipitava e i magistrati milanesi disposero l'arresto dell'ingegner Merlo, dei componenti la commissione consiliare sull'appalto della Casa da Gioco Andreaggi e Accinelli, del sindaco Vento, degli assessori Tommasini, Ligato, Covini, Cavalli e del capogruppo della DC e assessore regionale Giovanni Parodi, mentre gli assessori Giuliano e Carella riuscirono ad evitare l'arresto.
In seguito i magistrati milanesi emisero anche un ordine di cattura a carico dell'uomo d'affari Augusto Poletti, amico intimo di Merlo, e chiesero alla Camera dei Deputati l'autorizzazione a procedere nei confronti dell'onorevole democristiano Manfredo Manfredi, che ricopriva allora la carica di sottosegretario al Tesoro, per violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti.
Alla fine di dicembre, sull'onda del giustizialismo ad oltranza, venne persino arrestato il sindaco di Imperia Scajola, poi prosciolto da ogni accusa non essendo stato riscontrato nessun elemento di colpevolezza a suo carico.