Convento e chiesa dedicati alla S.S Annunziata
La storia del Monastero
La fondazione del primo monastero delle suore della Santissima Annunziata, dette Turchine per via del colore della loro veste, si dovette all'iniziativa di tre giovani donne sanremesi, che vivevano in regole di stretta religiosità e si fregiavano dell'appellativo di "suore" pur non appartenendo ad alcun ordine monastico: suor Angela Bottino, suor Maria Anselmo e suor Caterina Anselmo.
Dopo aver deciso nel 1635 di fondare a Sanremo un monastero femminile che ancora mancava in tutto il Ponente ligure, le tre suore entrarono quindi nel Monastero di clausura dell'Annunziata a Genova, nella zona di Castelletto ed in un biennio circa riescono ad accumulare (in oblazioni e soprattutto con il munifico concorso del nobile Silvestro Grimaldi) una consistente somma (circa 4.000 lire di genovini) da destinarsi alla realizzazione dell'istituzione.
Accolte ufficialmente nel convento genovese della Santissima Annunziata nell'ottobre del 1637, le tre religiose matuziane ottennero finalmente il 7 maggio 1638 il tanto sospirato consenso papale alla fondazione di un nuovo monastero nella nostra città, dove il 26 marzo 1639 ritornarono suor Angela Bottino e la consorella Maria Anselmo, accompagnate dal magnifico Silvestro Grimaldi, per avviare le pratiche in vista dell'istituzione del nuovo convento.
Il Manoscritto Borea che, fra le diverse inesattezze che lo contraddistinguono, continua però a costituire un fonte diretta ed irrinunciabile per la storia di Sanremo e nella sostanza ripropone la vicenda del Convento ma con sostanziali distinguo che vale la pena di produrre.
L'ordine delle Religiose eresse a loro sede conventuale a Sanremo un piccolo edificio nel 1636, nei pressi dell'attuale parrocchia di San Giuseppe, in una località, ancor oggi indicata come "Sacrestia Vecchia".
Ne fu fondatrice la suora Maria Anselmo, consigliata e protetta dal patrizio genovese Silvestro Grimaldi, come si legge nella cronaca di tale anno, ma senza citare le altre donne, si fa cenno alla collaborazione di un certo numero di Beghine: leggendo si notano altresì discordanze sulla scelta, piuttosto casuale, dell'Ordine del nuovo convento e di quella, piuttosto obbligata, della primigenia sede.
La scelta del luogo non piaceva però al potente protettore genovese: egli preferiva una bella e più grande costruzione sotto le mura della vecchia città, là dove iniziava la pianura verdeggiante di aranci e di limoni.
Sulla necessità di erigere una nuova Casa Conventuale delle Monache Turchine (Monache Celestine ) di Sanremo si legge quindi nella cronaca dell'anno 1639; invece dalla cronaca del 1640 si apprendono dati sulle pratiche burocratiche e notarili per l'acquisto della nuova sede.
Per quanto riguarda la struttura ed evoluzione urbanistica dell'edificio, possiamo dire che nel 1637 il Parlamento della Comunità deliberò di assegnare alle suore della Santissima Annunziata un sito non edificato di quattrocento palmi, sgravandosi da ogni altro onere derivante dalla nuova fabbrica, alla condizione che le Tuchine, incaricate di dirigere il monastero, si impegnassero ad avviare i lavori del nuovo edificio entro un anno dalla relativa deliberazione.
Dopo aver esaminato diverse proposte in merito alla zona ideale dove innalzare il monastero, alla fine venne individuato il terreno più adatto in una vasta zona tenuta a orti, in un'area cittadina interessata nel Seicento da un notevole sviluppo edilizio e situata fuori della cinta muraria, a pendio sul torrente San Romolo lungo il tragitto dell'odierna via Morardo, che metteva in comunicazione la Ciapéla con la chiesa e la porta Santo Stefano nei pressi della piazza realizzata intorno al 1625, su cui si sarebbe affacciato nel 1667 il palazzo del Commissario.
Il 9 ottobre 1639 vi fecero il loro solenne ingresso la priora suor Cornelia Centurione, la sottopriora suor Geronima Spinola (dei potenti marchesi genovesi Spinola) e le prime dieci novizie dell'ordine, accompagnate dalle due madrine per l'inaugurazione della nuova sede, Maria Pallavicino e Anna Serra e dalle tre suore sanremesi promotrici dell'iniziativa, suor Caterina, suor Maria e suor Angela.
Morta la Anselmo durante i lavori che lei stessa dirigeva con competenza ed energia, seguita forse anche da quella del benefattore Silvestro Grimaldi, vennero da Genova altre monache a continuare l'opera; la superiora, suor Girolama Spinola, donna prudente e molto abile, portò a termine la costruzione e indisse grandi manifestazioni religiose e popolari per l'inaugurazione.
Il celebre secentista Frugoni fece grandi elogi di questo monastero nell'occasione in cui descrisse la visita fattavi dalla principessa di Monaco, Grimaldi Aurelia.
Il 1° ottobre 1641 la madre priora chiese ai rappresentanti del Consiglio comunale di porre le suore e il monastero della Santissima Annunziata sotto la protezione della Comunità di Sanremo.
Radunato il Parlamento il 27 settembre 1642, presente il podestà, l'assemblea approvò a larga maggioranza la proposta della madre priora e assicurò il suo appoggio morale al fine di dotare finalmente l'Ordine delle Turchine di un monastero più capiente e degno dell'importanza assunta nel frattempo dalla congregazione, a patto che tutte le spese rimanessero a carico delle monache.
Il nuovo Convento delle Turchine venne ufficialmente aperto il giorno dell'Ascensione del 14 maggio 1643.
Il 15 maggio del medesimo anno la popolazione della "Pigna" accompagnò solennemente le monache nel nuovo monastero e partecipò con entusiasmo ai grandi festeggiamenti presieduti dal Vescovo di Albenga che vi celebrò la prima Messa nel corso della quale vestirono l'abito della clausura le sanremesi Innocenza Maruffa e Paola Girolama Poggi.
Le spese per la costruzione dell'edificio superarono però ben presto le più larghe previsioni, tanto da indurre il Consiglio comunale ad intervenire in modo tempestivo, deliberando, nella riunione del 1° aprile 1644, peraltro secondo quanto consentito dalle leggi genovesi allora vigenti di imporre ad ogni famiglia sanremese l'obbligo di fornire gratuitamente una giornata di lavoro per poter ultimare in tempi ragionevolmente brevi la costruzione del monastero.
Si trattava della famosa sequella, ossia il lavoro obbligatorio per tutti i cittadini, al quale i vari Comuni talvolta ricorrevano, ma soltanto per portare a termine urgenti lavori di pubblica utilità, come era evidentemente considerata l'erezione del convento delle Turchine.
Verso il 1660 le suore della Santissima Annunziata si trasferirono quindi dalla casa nei pressi della chiesa di San Giuseppe nella loro nuova sede a pochi passi dal palazzo comunale.
Quest'altro monastero, dalle dimensioni piuttosto contenute e al quale venne pure annessa una piccola chiesa orientata verso levante, si rivelò però ben presto del tutto inadeguato ad ospitare l'accresciuto numero delle religiose che affluivano nella nostra città per stabilirsi nel convento delle Turchine, le quali, constatato anche il moltiplicarsi delle vocazioni religiose, si videro costrette a dotarsi di una struttura decisamente più grande e spaziosa.
Per tale motivo, nel 1668 venne deciso di riedificare completamente il monastero su progetto dell'architetto genovese Pietro Antonio Corradi (1613 ca - 1683), autore dei progetti di numerosi palazzi nobiliari di Genova, tra cui il celebre Palazzo Rosso, e che l'anno precedente aveva realizzato il disegno originario del limitrofo palazzo del Commissario nell'attuale piazza Nota, sede degli uffici del vicariato della Riviera occidentale, e aveva intrapreso la costruzione del convento delle Canonichesse Lateranensi a Ventimiglia.
Contestualmente alla decisione di riedificare il monastero vennero pure nominati da Marco Antonio Lomellino e Filippo Maria Pinelli, rappresentanti del Senato della Repubblica, come protettori, Agostino Olignano, Paolo Gerolamo, Gio Maria Orenghi e Gio Francesco Orengo, ai quali fu assegnato l'incarico di sovrintendere ai lavori della nuova fabbrica, secondo il piano predisposto dall'architetto Corradi.
Il convento, composto originariamente da quattordici camere, avrebbe dovuto essere completato nel giro di due anni, come concordato con i mastri Lorenzo Dolio di Ventimiglia, Gio Batta Aicardi e Stefano Merlo di Sanremo.
La scarsità delle fonti documentarie non consente tuttavia di seguire con precisione i lavori di costruzione del nuovo edificio, anche se da un atto del 1680 tra mastro Vincenzo Stefano e mastro Giacomo Martino di Monaco in merito alla realizzazione di un'ancona ordinata dalla priora del convento, è possibile dedurre che a quell'epoca la chiesa fosse praticamente terminata, mentre nel novembre del 1690 il monastero risultava ancora in fase di costruzione sotto la direzione del capo d'opera Stefano Merlo.
L'edificio, che ha subito ulteriori successive modifiche nel corso del Settecento, è costituito da un grosso corpo con andamento planimetrico ad U, alle porte del quartiere della Pigna su un terreno leggermente in discesa.
Le due ali sono mantenute all'altezza della stretta strada superiore (via Morardo) tramite un alto basamento a scarpa e riallacciate con la sottostante piazza, allora ancora piazza Nuova, attraverso un'ampia scalinata, che rende particolarmente monumentale l'intero complesso, il cui impianto architettonico è peraltro strutturato in modo piuttosto semplice, con fronti uniformi evidenziate da cornici marcapiano e marcadavanzali, mentre la definizione dei volumi è svolta soprattutto da un cornicione sporgente sorretto da mensoloni dalle forme stilizzate.
La vita del convento fiorì tra l'apprezzamento pubblico sino a metà del XIX secolo quando esso venne soppresso, con la pubblica requisizione dell'immobile, in forza dei dettami delle leggi anticlericali dell'epoca (ancora nel Manoscritto Borea si legge come quello delle Turchine, nel 1810 fu uno dei quattro Conventi di Religiose che l'Amministrazione Napoleonica nella sua riorganizzazione del clero non provvedette a sopprimere nel Ponente ligure).
In un ottica di miglioramento delle strade, il Comune intraprese nel 1816 l'allargamento di via Morardo e la conseguente apertura di Piazza Corridoni davanti al convento delle Turchine.
Restituito alla fede, il Convento delle Turchine fu ceduto nel 1881, dal governo al Comune di Sanremo.
Le scuole pubbliche
Dopo la secolarizzazione dell'edificio, le Turchine lo abbandonarono definitivamente, e le religiose che vi erano ospitate ottennero un'indennità di buonuscita, per cui il vasto immobile venne scelto dalle autorità comunali come sede per gli studenti e gli insegnanti del Regio Liceo Ginnasio intitolato all'astronomo Gian Domenico Cassini, che vi si trasferì dai locali dell'ex convento dei Gesuiti e vi rimase ininterrottamente fino all'anno scolastico 1966/67, quando avrebbe traslocato nello stabile, già sede dell'Hotel Excelsior, situato in corso Cavallotti a fianco di Palazzo Bellevue.
Nel 1885 la cittadinanza sanremese reclamava un Istituto Tecnico di cui si sentiva ormai la necessità; nonostante l'incomprensione e l'ostilità dei consiglieri, il sindaco Asquasciati riuscì a vararlo.
Sorse però subito un'altra grave difficoltà: l'opposizione accanita del regio Istituto Tecnico di Porto Maurizio, per cui l'Amministrazione comunale soppresse la Scuola appena nata.
Cessata la prima guerra mondiale, le famiglie degli alunni dell'Istituto Tecnico, che con grave disagio dovevano ogni giorno recarsi a Porto Maurizio, inoltrarono una istanza al Sindaco e al Regio Provveditore di Genova; Sanremo riuscì così ad avere finalmente il suo Istituto.
Ottenuto il pareggio nel 1921, esso cominciò a raccogliere i giovani della città e dei paesi vicini; si fece le ossa, si sviluppò. e giunse alla statizzazione nel 1957.
Le recenti necessità imposero un qualche, pur discutibile stravolgimento dell'edificio, con la realizzazione di un corpo avanzato sulla facciata a mezzogiorno e, nel II dopoguerra, con l' abbattimento del campanile della chiesa e la costruzione dei piani superiori dell'edificio destinato a dar sede oltre che al Liceo "G.D. Cassini", anche alla Scuola Media "I. Calvino", all'Istituto Tecnico "C. Colombo", la sola scuola che attualmente è accorpata nell'antica casa monastica unitamente al locale IPSIA.
Attualmente il complesso ospita l'Istituto tecnico commerciale statale e per ragionieri e geometri "C. Colombo" e la sezione staccata dell'Istituto professionale statale per l'industria e l'artigianato "G. Marconi" di Imperia, oltre alle sedi di vari enti e associazioni, tra cui la Camera del Lavoro della CGIL e la sezione di Sanremo dell'ANPI, questi ultimi si via Morardo.
Oggi l'antica sede, abbellita e completata di nuove aule, dotata di nuovi e moderni apparecchi per i gabinetti scientifici, vivificata dallo spirito innovatore dei presidi e dall'entusiasmo dei suoi 400 alunni, si avvia a diventare uno dei migliori Istituti d'Italia.
Su un lato della facciata prospiciente piazza Nota sopra la scalinata che scende in piazza Muccioli, il 25 aprile 1988 è stata apposta, su iniziativa del Comune di Sanremo e sotto gli auspici delle associazioni partigiane, una lapide commemorativa dello scrittore sanremese Italo Calvino (1923-1985), del quale si ricorda in particolare la frequentazione del locale Liceo-Ginnasio "G.D. Cassini" proprio nei locali dell'ex monastero delle Turchine.
Tra le due lastre che compongono la tavola marmorea è sistemata un'effigie in bronzo dello scrittore realizzata dallo scultore Renzo Orvieto, mentre sulla lastra destra è inciso il seguente passo tratto dalla nota autobiografica di Calvino menzionata nella raccolta "Ritratti su misura di scrittori italiani", edita a Venezia nel 1960 a cura di Elio Filippo Accrocca: "Ho vissuto a San Remo fino a vent'anni, in un giardino pieno di piante rare ed esotiche... combattei coi partigiani nelle Brigate Garibaldi... negli stessi luoghi che mio padre mi aveva fatto conoscere fin da ragazzo. Così approfondii la mia immedesimazione in quel paesaggio, e vi ebbi la prima scoperta del lancinante mondo umano".
La chiesa delle Turchine
Lungo via Morardo, che da piazza Nota conduce a piazza Corridoni si affaccia la chiesa, celata al pianterreno da un porticato dalla triplice arcata, sormontato da un vano caratterizzato da una fronte sobria e lineare di tipo "civile".
La singolare posizione dell'edificio sacro, decentrato e non amalgamato con il fabbricato del monastero, rivela senza dubbio l'aggiunta di una variazione planimetrica al progetto originario del Corradi, suffragata anche da un documento della fine del Settecento, da cui si apprende che la chiesa non venne realizzata sul sito previsto originariamente.
La strutturazione architettonica dell'edificio, assimilabile per impostazione degli spazi alla chiesa di Sant'Andrea a Moltedo di Imperia del 1666, è chiaramente contrassegnata da una disposizione polare con il vano centrale, individuato sotto il profilo geometrico da un quadrato con gli angoli smussati, collegato a quattro locali di eguali dimensioni ma dalla diversa profondità. Le due cappelle trasversali risultano anch'esse fuse armoniosamente con il resto dell'edificio, mentre i muri maestri, sovrastati da coperture a vela nell'invaso e a botte negli altri vani, sono raccordati al corpo della chiesa tramite voluminose lesene a libro ripetute nella zona presbiteriale e nel grande vano d'atrio.
La scelta di attuare un impianto centrale è quasi sicuramente dovuta all'influsso esercitato dalla risoluzione adottata dalla distrutta chiesa del convento di San Filippo Neri a Savona, risalente al 1650 e attribuita all'architetto Gio Batta Ghiso, la quale rappresenta uno dei primi esempi nella nostra regione di architettura sacra rispondente a criteri spaziali del tutto innovativi. La chiesa si distingue inoltre per la dimensione ridotta degli smussi angolari, con il risultato di conferire all'insieme dell'edificio un impianto generale di tipo "rinascimentale".
Dopo il convulso periodo napoleonico (nonostante la chiusura forzata di conventi di frati e suore imposta dal regime imperiale), le Turchine non cessarono la loro attività.
La chiesa della S.S. Annunziata fu solennemente riconsacrata dal vescovo di Ventimiglia Giovanni Battista D'Albertis il 7 luglio 1833, dopo avervi traslate le reliquie dei santi martiri Aurelia, Fedele e Placido.
Suddivisa in due piani, l'ex chiesa, sconsacrata nel 1937, fu incamerata, insieme al Convento, dal Comune con la Legge Siccardi del 1866.
Il Consiglio comunale nel 1893 deliberò di riordinare la galleria sovrastante il porticato della chiesa dell'ex monastero delle Turchine e di sistemarvi la Biblioteca privata, ricca di opere di carattere medico, letterario e scientifico in genere, lasciata originariamente nel 1890 dal medico sanremese Francesco Corradi.
"proprio per un'adeguazione alle esigenze di queste due grosse scuole la Cappella monastica venne tagliata orizzontalmente e divisa in due piani. Nel superiore trovarono sistemazione la palestra ed alcune aule dell'IPSIA mentre nell'inferiore l'area absidale fu occupata dalla Biblioteca e l'ingresso della chiesa divenne la moderna aula docenti: dopo siffatte trasformazioni la lettura architettonica non risulta più agevole anche se resta abbastanza semplice individuare la pianta a croce greca, alcune nicchie nelle pareti laterali e le volte a crociera che caratterizzano il primo piano dell'istituto".
(cultura-barocca.com).
Trasferita la Bibllioteca nei locali di via Carli il locale divenne la Biblioteca dell'Istituto Colombo ,mentre la palestra ginnica al primo piano è tuttora in funzione.
All'interno si conservava un fastoso arredo costituito da stucchi, tele, statue e altari in legno, andati purtroppo irrimediabilmente perduti.
La chiesa all'interno, era di pregevole architettura, con tre altari in noce e alcune buone tele.
Sulla porta della chiesa, lasciata a ricordo della passata funzione religiosa fu posta la seguente iscrizione:
V. lin M. Adnuntiatte
coelestium mon. Patronae
aulam et aram
invectis SS. MM. Aurelite fidelis
una Placidique reliquiis
rev. 13. D. Jo. Baptista 1)c Albertis
Eccl. Intemil. Antistes
sacrabat
Non. Jul.
(fonti: Andrea Gandolfo, libro "Sanremo" di vari autori ed.SAGEP, don Alberto Etoschi; immagini da Archivio privato)