L'ultima Chiesa a ponente della Città
La Chiesa di San Rocco, prima di arrivare ad esere quella che conosciamo oggi, attraversò nel corso dei secoli lunghe vicissitutini, dovute soprattutto alle varie locazioni in cui venne spostata. Cercheremo di elencarle di seguito.
1) - Il primo Oratorio di San Rocco di cui si abbia notizia era non più che una modestissima cappelletta con quattro esigue porzioni di mura battute dai venti e dalle onde del mare, situato di fianco al bastione quattrocentesco all'imbocco del molo di levante, che poi fu incamerato dai genovesi nella fortezza di Santa Tecla, pur rimanendovi tuttora riconoscibile fra gli altri tre bastioni laterali.
2) - Sulla successiva chiesa dedicata al Santo protettore dei colpiti dal terribile morbo della Lebbra, ben poco si è potuto trarre dalle antiche carte di Archivio. Su un documento di Casa Rodi della fine del 1700, è scritto: "La Chiesa di San Rocco, posta fuori di S. Remo verso ponente, circa duecento passi verso il mare e 500 longi dalla porta dei Cappuccini, fu fabbricata innanzi il 1624: è stata poi ridotta in Oratorio, siccome l'altra di S. Sebastiano dopo tale anno".
Questo Oratorio potrebbe essere stato anche ambientato come una semplice cappellina simile alle tante sparse sui viottato da un campaniletto a cuspide, l'assieme, dei muri alquanto sbrecciati e morsi dal salino per la vicinanza del mare, risaliva alla metà del XVI secolo, come lo denunciava la rustica disposizione delle pietre, impilate l'una sull'altra con poca calce a tenerle unite perché non cadessero. Eppure quei muri ce l'avrebbero fatta lo stesso a passarsela liscia per chissà quanti secoli ancora.
[In essa, dopo che il primo Sindaco Siro Andrea Carli ebbe fatto sistemare il Cimitero " nuovo " alla Foce (l'anno 1837) facevano l'ultima sosta le portantine dei morti con l'accompagnamento dei dolenti. Benedetta la salma dal Cappellano di turno, il corteo si rimetteva in moto e l'effigie di San Rocco col cane che gli leccava la piaga sul ginocchio (dipinta a vanvera per pochi soldi da chissamai quale madonnaro di passaggio) restava intontita a guardare quella gente allontanarsi, che non avreste saputo dire quale fosse l'uomo e quale la bestia, tale e tanta era la somiglianza di quei due sventurati.]
La " strà da Büza " non si poteva definire gran che praticabile, specie di notte, mentre di carrozzabile per modo di dire c'era soltanto la via Nazionale per Nizza, fatta tracciare da Napoleone sulle tracce lasciatevi dai suoi carriaggi durante la campagna d'Italia. Dopo la disfatta di Waterloo, tutto era andato in abbandono e la terra battuta era seminata di buche e irta di sassi.
[A quel tempo era ministro di Stato un nobiluomo a nome Roget de Cholex, di origine savojarda. il quale faceva però le corna alla sua terra d'origine dichiarandosi di pura razza nizzarda. Orbene, egli osteggiò quanto gli riuscì possibile la totale e definitiva sistemazione di questa strada al fine di favorire il meno possibile l'afflusso dei forestieri in Italia, specie sulla nostra Riviera, attraverso la frontiera francese.
In tal maniera sarebbero stati obbligati a spendere i loro soldi nel paese che più gli stava a cuore, Nizza. Fu ventura per noialtri sanremaschi e le genti del territorio situate di qua del confine, che a Madama Cristina, consorte di Carlo Felice, in viaggio per recarsi a trascorrere l'inverno sulla Costa Azzurra, ribaltasse la carrozza proprio nei pressi dell'Oratorio di San Rocco. Il pericolo non fu da poco, se si pensa che la sovrana era incinta, ed avrebbe potuto abortive sotto gli ulivi che costeggiavano la "strà da Büza ". E quei due altolocati personaggi ci rimasero tanto male, da continuare il viaggio per mare, prendendo imbarco a quel che si dice, sulla spiaggia della Pietra Lunga. E' assodato che poi dopo, la regina, che se l'era vista brutta anche per causa del mal di mare che l'aveva tormentata durante l'intero tragitto, dette ordine che si provvedesse immediatamente al ripristino della carreggiata prima del suo ritorno, che essa avrebbe ripercorso in carrozza. Il sullodato ministro tentò di tenere duro lo stesso e brigò per mettere altri bastoni fra le ruote, ma non ce la fece contro l'espresso volere della Sovrana.]
3) - Quando fu posto mano al Corso Imperatrice, la chiesetta di San Rocco si trovò ad intopparne l'imbocco, indi fu demolita e ricostruita, in proporzioni minori ambientandola fra le mura di un antico frantoio di fianco al ponticello che scavalcava il rio Foce all'imbocco della mulattiera che si biforcava fra il Solaro e i " Berighi " (l'odierno Corso Inglesi, lato ponente).
4) - Prima della guerra 1915-18, nel 1909 una piena del torrente Foce si portò via nottetempo la modesta chiesetta di San Rocco, tanto che si pensò di ricostruirne una terza in pietra a vista all'imbocco della Salita alla Colla e l'impresa che portò a termine l'opera fu quella dell'Impresario Agostino Gazzano (all’inizio di Via P. adre Semeria).
Molto più tardi il prevosto Can. Borfiga, nonostante il 15 Ottobre del 1936 il Vescovo di XXMiglia Agostino Rousset l'avesse consacrata a Parrocchia, si accorse che, con lo sviluppo abitativo del quartiere FOCE, era diventata insufficiente ad accogliere i numerosi fedeli ed inoltre , essendo in cima ad una ripida salita era in posizione scomoda.
5) - Fu così che nel 1952 , per iniziativa del Parroco Don Luigi Borfiga , fu affittato un vasto magazzino (ex segheria) di proprietà del Comune, di fianco all'entrata della traversa che conduce al Cimitero di corso Matuzia, assumendo parvenza fortuita di una chiesa che potesse raccogliere i fedeli che avevano le loro case lungo il corso di Ponente, (che in data 8 febbraio 1901 aveva assunto la denominazione di Matuzia) per le funzioni religiose (e nel dicembre di quell'anno vi fu portato anche il Santissimo Sacramento).
Ma l'ottimo prevosto don Borfiga non poteva certamente accontentarsi di una Parrocchia sistemata in un magazzino, come quella ben più antica della Marina, e quindi riuscì ad acquistare il capannone dal Comune e venivano avviate le pratiche per la costruzione di un nuovo, definitivo edificio.
Ma il progetto dell'Architetto Stefano Balzarro, redatto nel 1956, veniva respinto dal Provveditorato alle Opere Pubbliche perchè ritenuto "non conforme alle esigenze della citta". Nonostante questo, coraggiosamente nel Maggio del 1958 fu realizzata la Canonica e le Opere parrocchiali mentre il Capannone continuava ad essere utilizzato come Chiesa.
Nel Settembre del 1957 veniva finalmente approvato il progetto definitivo, sempre dell'Architetto Balzarro, che veniva incluso nel programma dei lavori finanziati dai fondi d'esercizio 1957/58 del Provveditorato alle Opere Pubbliche della Liguria. E nel giugno 1958 iniziavano i lavori con la demolizione di un'autorimessa, della casa del custode del Cimitero Foce e di altri locali comunali che facevano parte della concessione e il 13 settembre 1959 il Vescovo Rousset benedisse la posa della prima pietra del costruendo edificio.
Tre anni dopo, il 3 di Giugno 1962, il Vescovo di Rimini Emilio Biancheri consacrava la Nuova Chiesa dI San Rocco. (Quinta e ultima, definitiva sede ).
L'edificio della chiesa parrocchiale, punto di riferimento per residenti e turisti di tutta la zona della Foce oggi fa bella mostra di sè, sempre sulla traversa che porta al Cimitero, per il suo stile modernamente espressivo anche se non a tutti piace.
Nella nuova chiesa sono stati sistemati, in una serie di cappelle sul lato sinistro della navata centrale, vari dipinti, come quelli aventi per soggetto il santo titolare della parrocchia, realizzati nella Liguria occidentale nel XVIII secolo e raffiguranti San Rocco nutrito dal cane, San Rocco guarisce gli appestati, San Rocco dinanzi al Papa, San Rocco in predicazione, San Rocco distribuisce l’elemosina ai poveri e San Rocco in carcere confortato dall’angelo.
(testi elaborati da vari Autori; fonte delle immagini: archivi privati, del Gruppo e del WEB)