La Parrocchiale della Pigna
La storia
La chiesa, posta nel cuore della "Scarpéta" la vecchia Sanremo, è facilmente raggiungibile da ogni parte di esso. Si trova a ridosso delle mura, che anzi fora con l’abside, in un sito non desiderato dalla espansione edilizia del quartiere circostante.
Nel "Sacro e Vago Giardinello", manoscritto sanremese cominciato nel 1621 e conservato al presente nella Biblioteca della curia Vescovile di Albenga, non si accenna a questa chiesa. Durante la "Guerra dei Trent’ anni o del Sale”, nel libro dei Decreti della Comunità di San Remo, in data 3 marzo 1625, si legge:" Molto Magnifici Signori, si propone a Vostre Signorie Magnifiche che di festare in avvenire il giorno di Santo Gioseppe sposo della Gloriosissima Vergine Maria e padre putativo di Gesù Cristo come festa solenne esortando tutto il popolo ad udire in tal giorno la messa solenne che si dovrà cantare per l’avvenire ogni anno all’altare di detto santo esistente in la chiesa dell’Annunciata dei R.R. Padri Zoccolanti..." (attuale chiesa di N.S. degli Angeli).
Come si può dedurre non esisteva ancora la chiesa di San Giuseppe, altrimenti la festa sarebbe stata celebrata in questa chiesa! Grazie alla lite sorta nel 1687 tra il Comune e l’architetto, incaricato della costruzione della chiesa, "mastro” Gio Martino, si sa non solo la data di fondazione della chiesa attuale, ma anche l’andamento dei lavori.
Iniziarono i lavori nel 1684 a tutto il 28 Febbraio le opere murarie della chiesa:"...dal medesmo Mastro Gio fabricata sino al segno, che si trova al presente (26 Aprile1687), cioè fatte tutte le muraglie sin sopra il cornicione... Sigg. fabricieri non havevano piu denaro, e perché lo stesso Magnifico Conseglio ordinò che si soprassedesse nella fabbrica di detta "nuova chiesa"... la quale si trova ancora scoperta".
Dal "Libro delle Delibere del Comune di San Remo" leggiamo il succedersi degli eventi che portarono all'edificazione della chiesa.
Nel 1685, il 20 Marzo , reca "Volendo dar principio a mettere in esecuzione il voto fatto di fabbricare la chiesa di San Gioseppe, deliberano a tal fine lire 3.000”, e diedero la polizza nel tempo della processione per mezzo del Cancelliere, sull’altare di detto Santo.".
Nel 1688, il 6 maggio, si deliberano duemila lire ai fabbricieri di S. Giuseppe, Giacomo Trucco e Gio Bartolomeo Bottino e il 28 luglio altre mille lire.
Nel 1695, il 2 Settembre, vengono pagate al fabbriciere Gio Batta Bottino Lire 411,2 spese in detta fabbrica (chiesa).
Nel 1724 il Sig. Bartolomeo Bottini di Gio vende una piccola fascia appartenente alla chiesa di San Giuseppe nelle Rive:... con l’obbligo di spendere il ricavato nella fabbrica della sagristia di detta chiesa.
Nel 1726 il 20 di Ottobre il Magnifico Consiglio conciede per decreto alli Consoli de fabri Murari Mastro Carlo Sasso, e Mastro Gio Maria Bresca il giure di fabbricare nella chiesa di S. Giuseppe ad onore de SS. 4 incoronati la sua cappella.
Nel 1727 il 19 Gennaio Li sud.ti Consoli dell’arte de fabri murari s’obbligano fabricate d.a Capella in sud.a Chiesa con obbligo di mantenere il tetto a astico di detta Capella, e provvedere la medesima d’ornamenti, e candele nel giorno della sua solennità, ed anno avuto il permesso di raccogliere le elemosine per la festa de Suddetti SS. 4 Incoronati come da instrumento rogato dal notaro Sig. Pier Francesco Martini.
Nel 1731 Il 4 Novembre sovra supplica fatta dagli Agricoltori di questa Città, Il Magnifico Consiglio con decreto a permesso a d.i Consoli, e sono stati elletti Gio Musso q. Antonio, Giacomo Aicardo quondam Batta. Gio Maria Farixano q. Luca, e Gio. Batta Scarella q. Antonio di costruere nella chiesa di S. Giuseppe la Capella di S.Isidoro.
Nel 1732 10 Maggio li Consoli anno fato fare la Capella di S. Isidoro dal Stucatore Colombo che in tutto vi e compreso Calcina, gipo ferri, e materiali, L.345.
Nel 1733 25 Marzo. L’ancona di S. Isidoro e stata fatta in Genova dal Sig. Giacomo Boni Bolognese per L. 350 ed oggi è giunta qui, in S. Remo da collocarsi alla Cappella delli Lavoratori nella chiesa di S. Giuseppe in la Palma soprana e nelle L.350 vi e compreso il telaro, tella, colori.
Nel 1737 a 28 Febraro Li Consoli di S. Isidoro anno principiato a fabricare la Capella di detto Santo nella Chiesa di S. Giuseppe, e in detto anno alli 17 Marzo fu benedetto detto altare.
Nel 1740 a 27 Genaro sono state date lire 30 sig. Giuseppe Bottini, massaro, per il palio da servire per l’altare maggiore di S. Giuseppe.
Nel 1751 di Febraro e stato fabricato e stacato l’altare maggiore nella Chiesa Di S. Giuseppe che prima era amezzo del Sancta Sanctorum.
Nel 1752 il 26 Febraro il sig. Giuseppe Bottini, massaro, supplica il Magnifico Consiglio che dopo aver proveduto con limosine al ristoramento del pavimento, al rifacimento dell’altare ora di nuovo magnifico e decoroso, ma poiché occorre fare una nuova ancona, non sapendo egli dove prendere altre elemosine stante le miserie che corrono sia per il popolo che per la Comunità, chiede il permesso di alienare un quadro grande rappresentante San Sebastiano in detta chiesa esistente, per impiegare il ricavato nella nuova ancona, e siccome questo quadro e totalmente inutile, conta sul Consiglio per il consenso.
Nel 1833 il cappellano di S. Giuseppe Rev. Bonfante Giuseppe presenta una supplica al Consiglio di Città allo scopo di poter stabilire un’amministrazione propria, allegando un progetto di regolamento, che lo stesso M. Consiglio approva il 3 gennaio 1843.
Il 9 di agosto 1853, nel coro della Colleggiata di San Siro, nel tardo pomeriggio, si diede lettura della bolla-decreto di elezione a parrocchia della chiesa di Santa Brigida.
La chiesa fece da parrocchia per soli 30 mesi; infatti il 9 marzo 1856 la sede fu trasferita dalla chiesa di S. Brigida a quella di San Giuseppe.
La parrocchia contava 3.000 abitanti. Il primo parroco fu il canonico Leonardo Bottini. Nell’anno 1856 la nuova parrocchia volle avere un campanile. Si individuò il sito più adatto, ma con sorpresa, ad un metro di profondità, "trovaronsi le fondamenta già predisposte".
Sulla facciata, di color giallo ocra, si staglia il gruppo scultoreo della Gloria di San Giuseppe, realizzato verso la fine del XIX secolo da un ignoto scultore, forse identificabile in Antonio Brilla. La figura del santo, appoggiata alla nicchia, è scolpita ad altorilievo con lo sguardo rivolto verso l’alto in atto di adorazione e contemplazione; sulla base della scultura è incisa la frase biblica: «Ite ad Joseph».
Nella parte posteriore della chiesa è visibile un orologio che funzione regolarmente.
L’interno è ad aula unica, sufficientemente spazioso, con due cappelle laterali curvilinee raccordate al presbiterio.
Sull’architrave della porta si segnala un artistico bassorilievo raffigurante san Germano con le insegne vescovili, realizzato nel 1624 da un certo Gioffredo, come recita la scritta di tre righe incisa sulla base della scultura.
La volta dell’edificio delinea leggermente una cupola a croce latina, mentre la decorazione ad affresco della navata è suddivisa in due parti da una serie di tre arconi con fondo giallo chiaro. La prima zona è caratterizzata da un rosone centrale con putti alati e ghirlande di fiori rosa, due pennacchi laterali con simboli liturgici e due fasce orizzontali con angeli fitomorfi.
La seconda zona, a forma di cupola, ornata da due rosoni a finto stucco con un grande rosone al centro, è decorata con tre ovoli. Tale settore è sovrastato dallo stemma della città di Sanremo, che attesta come la chiesa fosse all’epoca della sua costruzione di esclusiva proprietà della Comunità locale.
Il catino dell’abside rappresenta invece uno spaccato di cielo azzurro con alcuni cherubini ritratti su nuvolette, e la colomba dello Spirito Santo al centro. Le spartizioni architettoniche dell’area presbiteriale furono realizzate nel 1863 dal pittore Michele Panizzi, mentre le volte della navata, completamente rifatte nel 1881 da Pietro Passera, sono sicuramente più solide rispetto a quelle precedenti.
Appoggiato all’abside spicca in modo particolare il gruppo scultoreo della Sacra Famiglia, con san Giuseppe che regge in piedi un bastone fiorito e la Madonna seduta che tiene nel braccio destro il Bambino, mentre in alto un angelo piega lievemente un ramoscello di palma.
Al centro del presbiterio si trova l’altare più originale del Ponente ligure: apparentemente sembra un sarcofago medievale, ma in realtà si tratta di un semplice abbeveratoio, uguale a quello collocato davanti all'Oratotorio della Concezione, che era in via Nino Bixio, abbandonata e mal ridotta dall'incuria. Su pressione di Don Cortona, parroco di San Giuseppe, estimatore dell'arte, gli amministratori comunali glielo affidarono e lui ebbe la brillante idea di riutilizzarlo come altare dopo averlo fatto restaurare sotto la guida della Sovrintendenza.
Di fianco all’altare si innalza un artistico Crocifisso ligneo , che rappresenta indubbiamente l’opera più pregevole della chiesa. In esso, il Cristo, ormai morto, e formato quasi interamente dalle sole ossa, sembra ispirarsi a modelli quattrocenteschi, anche se la realizzazione della scultura è probabilmente da collocarsi nel XVI secolo.
Le quattro statue collocate nella zona del presbiterio e le due poste dopo gli altari laterali sono state realizzate nel corso del 1891 dallo scultore savonese Antonio Brilla, le cui opere, in gran parte a soggetto sacro, adornano molte chiese del Ponente ligure, come la parrocchiale di Badalucco.
La prima statua sul lato sinistro, nella nicchia con incorniciatura marmorea, raffigura Il patriarca Giuseppe, ritratto in abiti pomposi nell’atto di alzare una coppa con la mano sinistra, mentre alla sua destra giace a terra un sacco di grano; la seconda statua rappresenta invece San Giovanni Battista, ripreso nell’atto di annunciare la venuta di Gesù e con un bastone a croce, su cui è avvolto un vessillo, nella mano sinistra, mentre un mansueto agnellino guarda il santo accovacciato ai suoi piedi. Per quest’opera Brilla si ispirò probabilmente alle statue di epoca settecentesca di Domenico Parodi.
La prima statua sul lato destro rappresenta invece Ester, la protagonista dell’omonimo libro dell’Antico Testamento, raffigurata in atto di supplica con il braccio destro levato e la mano sinistra sul petto; la seconda statua sulla destra raffigura invece Sant’Andrea Apostolo, con la tipica croce a “X” del suo martirio.
Al centro del presbiterio si trova l’altare più originale del Ponente ligure: apparentemente sembra un sarcofago medievale, ma in realtà si tratta di un semplice abbeveratoio, uguale a quello collocato davanti all'Oratoprio della Concezione, ma che era in via Nino Bixio, abbandonata e mal ridotta dall'incuria. Su pressione di Don Cortona, parroco di San Giuseppe, estimatore dell'arte, gli amministratori comunali glielo affidarono e lui ebbe la brillante idea di riutilizzarlo come altare dopo averlo fatto restaurare restaurarla sotto la guida della Sovrintendenza.
L’altare maggiore, realizzato nel 1895 su disegno di Pio Soli dal marmoraio Borra, è ricollegabile, sotto il profilo stilistico, al gusto eclettico tipico della seconda metà dell’Ottocento. Nel 1944 l’altare venne impreziosito con un mosaico raffigurante Il riposo della fuga in Egitto, eseguito da Luciano Favret di Pietrasanta su disegno del Viazzi da una tela conservata nel Duomo di Porto Maurizio.
Racchiudono la zona presbiteriale due balaustre realizzate da Alessandro Ricci nel 1880 su disegno del primo parroco Leonardo Bottini, mentre sul lato sinistro del prebiterio è stato collocato nel 1954 il pulpito con elegante disegno di un giglio sul marmo bianco eseguito da Antonio Brilla.
Le decorazioni inserite nelle nicchie sono riconducibili al tardo stile neoclassico e risalgono presumibilmente alla metà dell’Ottocento; sulla parete è appeso un dipinto ovale, inserito in una cornice rettangolare dorata e ornata con volute stilizzate di tralci fitomorfi, raffigurante la Madonna della Speranza con Gesù Bambino, realizzato nel 1837 da Lorenzo Martini e la cui effigie era anticamente collegata all’omonima Confraternita, resa nota a Sanremo dal padre gesuita Gerolamo Durazzo.
La cappella a sinistra, intitolata ai Santi Quattro Coronati, ed eretta a partire dal dicembre 1726 su autorizzazione del Maggior Consiglio cittadino, venne dipinta nel 1868 da Michele Parrini, mentre nel 1883 Giovanni Baglioni realizzò a finto marmo le colonne e le lesene insieme a quelle dell’antistante cappella di sant’Isidoro; il paliotto e il tabernacolo della cappella risalgono invece all’inizio del XX secolo.
La tela, di forma rettangolare, raffigura i quattro santi inginocchiati ad emiciclo su una pavimento a mattonelle quadrate; i santi, con gli sguardi rivolti al cielo, sono sovrastati dalla colomba bianca dello Spirito Santo che scende dall’alto a fianco di due cherubini che appaiono per incanto tra le nuvole, mentre tre angioletti sorreggono al centro quattro corone di foglie e di fiori, simboli del martirio. Il dipinto è opera del pittore triorese Giovanni Battista Gastaldi (1585 ca - dopo il 1646), che si fece raffinato interprete, insieme al figlio Lorenzo (1625-1690), di una pittura di matrice ancora tardocinquecentesca, diffusa però in tutto l’arco del territorio delle Alpi Marittime fino a Monaco e a Nizza.
I santi Incoronati, protettori degli scalpellini e dei muratori, evidentemente residenti in numero notevole nel quartiere della Pigna, erano venerati in modo particolare dalla locale Confraternita dei Muratori, in ossequio ad una forma devozionale ancora viva nell’epoca barocca e tramandata, seppur in modo più blando, anche nei secoli successivi. La vicenda matuziana dei santi Incoronati trova poi un singolare riscontro nell’omonima cappella esistente presso la cattedrale di Santa Reparata a Nizza.
La cappella di destra, dedicata a Sant’Isidoro, fu costruita nel maggio del 1732 da uno stuccatore di nome Colombo, su iniziativa dei consoli della Compagnia degli Agricoltori, che avevano ottenuto il permesso di erigerla in onore del loro protettore, su delibera emanata dal Maggior Consiglio il 4 novembre dell’anno precedente.
Il 25 marzo 1733 vi venne collocato il dipinto Madonna, sant’Isidoro e santa Teresa d’Avila, realizzato nel 1723 dal pittore bolognese allievo di Marcantonio Franceschini, Giacomo Antonio Boni (1688-1766), attivo anche a Sanremo presso il Santuario della Madonna della Costa.
La tela raffigura la Vergine assisa su una nuvola con il Bambino tra le ginocchia e con alla sua destra san Giuseppe, mentre ai suoi piedi sant’Isidoro, vestito di tunica marrone e mantello verde, si rivolge in modo supplichevole alla Sacra Famiglia; sulla sinistra, la Vergine è invocata invece, con le mani giunte, da santa Teresa d’Avila, che indossa l’abito marrone con mantello bianco e il velo nero delle Suore Carmelitane Scalze.
A sinistra della cappella degli Agricoltori, addossata alla parete, è collocata la statua di san Leonardo da Porto Maurizio, opera di Antonio Brilla, che ritrasse il santo francescano ligure nell’atto di reggere la croce e indicarla. San Leonardo ebbe anche rapporti con la Pigna, in quanto, il 28 marzo 1743, fece donare alla chiesa di San Costanzo il corpo del martire san Faustino, patrono dei floricoltori della città.
Nella nicchia sottostante è collocata invece la statua di san Giuseppe, ripreso nell’atto di reggere il Bambino e donargli una mela. La statua, in gesso e dipinta a metallo, rappresenta una tipica opera devozionale uscita da una bottega artigiana fiorentina del Novecento e si trovava un tempo nell’Oratorio dei Dolori, da dove fu trasferita qui, in dono, dal curato Clemente Leoni.
A destra della cappella dei santi Incoronati è posta l’ultima opera di Antonio Brilla conservata nella chiesa: la statua di santo Stefano Protomartire, raffigurato con la veste diaconale (la dalmatica) e con la mano destra che una volta doveva reggere una palma, mentre il piede destro poggia su di un sasso, simbolo del martirio.
Nella nicchia sottostante è stata ricreata la grotta di Massabielle con le statue della Madonna di Lourdes e di santa Bernardette Soubirous.
Sopra il confessionale di sinistra, in una cornice marmorea, è posto il dipinto La gloria di san Giuseppe, opera del pittore sanremese Girolamo Bosio, attivo a Sanremo nella seconda metà del XVIII secolo.
La tela rappresenta san Giuseppe sorretto da due angeli nell’atto di rivolgere lo sguardo al cielo, mentre, alla sua sinistra, Dio Padre si volge a braccia aperte verso di lui. La libera disposizione del soggetto, i colori vivaci e il tratto di pennello rapido e sciolto fanno presumere che il dipinto sia stato realizzato verso la metà del Settecento.
Sopra il confessionale di destra è ubicato poi il dipinto raffigurante La presentazione di Gesù al tempio, di ignoto pittore del XVIII secolo e qui trasferito nel 1881 dall’oratorio delle scuole pubbliche dal parroco don Leonardo Bottini. Il dipinto venne quindi pulito e ingrandito, per portarlo alle stesse dimensioni della tela antistante, dal pittore Marchetti, che ne realizzò anche la parte superiore, in cui sono effigiati l’Occhio divino e la gloria dei cherubini, mentre l’impianto scenografico generale dell’opera sembra riconducibile alla scuola pittorica genovese della prima metà del Seicento.
Nella cantoria lignea sopra l’ingresso principale è collocato invece un organo con cassa lignea addossata alla parete di fondo, ornata di lesene e volute laterali sagomate e sovrastata da alcuni putti e angeli musicanti. Lo strumento fu costruito nel 1865 dalla ditta di fabbricanti d’organi Nicomede Agati e fratelli di Pistoia, che ne produssero anche numerosi altri esemplari per altrettante chiese della Liguria. All’interno della chiesa si segnala inoltre la presenza di un busto reliquiario antropomorfo in argento di San Costanzo, realizzato nell’ambito della produzione degli argentieri genovesi nella seconda metà del XVI secolo.
Una lapide posta sul lato destro della controfacciata ricorda il trasferimento della parrocchia, con tutti i suoi beni, dall’oratorio di Santa Brigida all’attuale chiesa di San Giuseppe, con decreto del vescovo di Ventimiglia Lorenzo Biale del 9 marzo 1856, e la consacrazione solenne della chiesa del 5 maggio 1889 da parte del presule intemelio Tommaso Reggio, che in quella circostanza consacrò pure l’altare maggiore.
Al di sopra dell’organo, al centro della controfacciata, una vetrata di autore ignoto, databile alla fine dell’Ottocento, raffigura la Gloria di San Giuseppe, mentre sulla piastrella esagonale di marmo giallo posta vicino al confessionale è adagiata una conchiglia fossile, costituita da un mollusco dei Cefalopodi, giunto curiosamente fino ai giorni nostri senza subire in pratica nessuna sensibile evoluzione.
A pochi passi dalla chiesa è ubicata infine la casa canonica, che ha avuto una storia singolare in quanto è stata un monastero, prima delle suore terziarie francescane fondatrici della comunità delle Turchine, fino al 1660, poi delle Salesiane, che vi risiedettero a partire dal 1666 prima di trasferirsi nel loro nuovo convento nell’attuale piazza Colombo (poi andato distrutto nel corso dell’ultimo conflitto mondiale), e quindi degli Agostiniani Scalzi, che la presero in affitto per ventuno scudi annui.
Divenuta in seguito abitazione del cappellano che officiava nella chiesa di San Giuseppe, la struttura fu intestata nel 1853 al Beneficio parrocchiale e divenne alloggio del parroco, mentre un secolo dopo le sue cantine vennero trasformate nella sala cinematografica «San Domenico Savio».
Chiuso il cinema per motivi di agibilità, una parte del locale è stata adibita a sede dei locali Scout, mentre l’altra parte è stata trasformata in cappella per l’adorazione del Santissimo Sacramento ed è più nota come «Cripta di San Giuseppe».
(fonte testi: Andrea Gandolfo e altri autori; fonte immagini: nostro archivio)