La villa risorta dalle ceneri
Villa Spinola, oggi ”Hotel Villa King”, è stata costruita il 1909 a Sanremo in corso Cavallotti su un terreno avuto in regalo dalla famiglia Ormond e su progetto dell’ingegnere Pietro Agosti come dono "propter nuptias" che il barone sassone Adolph von Thiem banchiere e mecenate (di cui si è già parlato a proposito di Villa Virginia e villa Noseda), ha offerto a sua figlia Martha che, appena quarantenne, nel 1906 era rimasta vedova del primo marito, un nobile della Pomerania e generale dell’esercito prussiano e che nel 1908 si era rimaritata a Venezia con il Marchese Francesco Spinola di Taggia, cugino del Duca Borea d’Olmo, il quale la lascerà nuovamente vedova dopo soli quattro anni.
La villa è considerata una delle più importanti testimonianze dello stile ecclettico che a cavallo dei due secoli e fino alla prima guerra mondiale ha caratterizzato l’architettura nel Ponente ligure e nella vicina Costa Azzurra.
La villa è caratterizzata da uno stile tipicamente liberty particolarmente evidente nel bugnato e nei mattoni a vista, che si combinano armoniosamente con le artistiche decorazioni del sottotetto, le colonnine ornamentali poste agli angoli dell’edificio e con le cornici marmoree delle finestre.
Da segnalare anche la facciata verso il mare con la parte che sporge dal corpo principale contraddistinta da una posizione asimmetrica rispetto al resto della fronte.
In particolare, la struttura del fabbricato rievoca, nel doppio ornamento murario in bugnato e in cotto, la sobrietà delle casette di campagna straniere, mentre le sfumature decorative del sottotetto e dei pilastri portanti con capitelli neopaleocristiani, oltre alle decorazioni in marmo, risultano in perfetta sintonia con la singolare ricchezza delle contemporanee realizzazioni architettoniche della città.
La sua storia recente
Le vicissitudini catastali dell’immobile derivano in parte dai lutti e da altre traversie familiari ma soprattutto dallo scoppio della prima guerra mondiale, e quindi dallo status di sudditi di Stati belligeranti dei proprietari superstiti e successivamente dalla sua natura di bene di ex nemici, anche se la proprietaria sposando un italiano aveva acquistato la doppia cittadinanza.
E’ per questo che da “buen retiro” dell’alta aristocrazia prussiana già negli Anni Trenta è diventata un “resort” di lusso che disponeva di sole ventidue stanze ma che era economicamente redditizio, cosa che, non ostante diversi cambiamenti di proprietà, le ha permesso di mantenere inalterate, anche nel secondo dopoguerra, tutte le sue caratteristiche artistiche e architettoniche e lo stesso arredo fino al 1985, anno della definitiva chiusura della gestione alberghiera e dell’offerta di vendita a un prezzo-base di due miliardi di lire.
Nel 1988, con lo sconto di ottocento milioni, la villa fu venduta ad una società immobiliare speculatrice il cui progetto per trasformarla in mini alloggi fu momentaneamente bloccato dall'assessore all’urbanistica dell'epoca, motivandolo con la violazione del vincolo alberghiero.
Senza una netta presa di posizione della Soprintendenza Beni Ambientali e Architettonici della Liguria il 16 settembre 1989 ottennero la concessione edilizia.
A seguito di parecchie proteste e domande d'intervento, la Sovraintendenza organizzò nel 1990, una prima verifica al parco dopo di che nel febbraio 1991 eseguiva un accurato sopralluogo che la portava ad aprire l’istruttoria storico-artistica indispensabile per poter legittimamente vincolare l’immobile.
La conseguenza fu che, a metà ottobre 1991 la stessa dava comunicazione al Comune di Sanremo della sua decisione di vincolare la villa e lo invitava formalmente a bloccare ogni contraria determinazione in merito.
Per combinazione, un paio di settimane dopo, il 4 novembre 1991, in orario serale, alcuni passanti avvertivano i vigili del fuoco che nell’atrio si vedevano divampare le fiamme.
L'incendio conseguente, all’esterno dell’edificio ha incenerito le travi di parte del tetto e una balconata in legno intarsiato di pregevole fattura, ma fece peggio all’interno dove l’azione delle fiamme ha prodotto i maggiori danni, distruggendo lo scalone ligneo, l'atrio, il piano mansardato con la cappella, e buona parte della boisserie dei controsoffitti.
Le indagini successive non portarono ad alcun risultati e il tutto fu archiviato nel 1993.
Nel frattempo, nel 1992, quando il danno era ormai fatto, il Ministro dichiarerà “di interesse particolarmente importante” la villa e il suo parco e il successivo mese di aprile la Soprintendenza allegherà al decreto ministeriale la relazione storico artistica ed entrambi i documenti saranno trascritti presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari con efficacia estesa anche ai futuri proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo.
A questo punto la Proprietà, non dandosi per vinta, nel 1997 tentò di aggirare il blocco proponendo, usufruendo di leggi condonali ed un'approvazione formale da parte del Comune con ragionamenti logici ma contorti, di trasformare le 22 camere d’albergo in un resort extralusso di 10 appartamentini, proposta che fu accettato ma alla condizione, onerosissima, che fossero ripristinate e conservate le facciate, i fregi e tutte le altre caratteristiche della costruzione, a cominciare dal rifacimento del tetto in ardesia con una spesa stimata, all’epoca, di non meno di 250 milioni di lire.
Eseguiti i lavori, la società dopo cinque anni di inerzia decise di mettere in vendita l’immobile corredato della concessione edilizia, del progetto e dell’assenso ministeriale, ma si trovò di fronte alla cosiddetta “prelazione culturale”, un istituto giuridico che conferisce allo Stato e agli Enti Pubblici territoriali ad esso sotto-ordinati la facoltà di acquistare i beni culturali alienati a titolo oneroso al medesimo prezzo stabilito nell'atto d'alienazione con precedenza su qualunque altro acquirente.
Malgrado questo, nel luglio 2002 l’Amministrazione rinuncia al diritto di prelazione nella vendita del pacchetto di controllo della società proprietaria, pari al 60 % del capitale, che gli era stata proposta dalla Soprintendenza il 20 giugno 2002 al prezzo irrisorio di 289.215 euro.
Pare evidente che la Città di Sanremo dovette rinunciare ad un patrimonio formato, oltre che per gli aspetti storico-ambientali fin qui richiamati, anche dall'eccezionale importanza dell’edificio e del parco circostante per la loro posizione strategica, derivante dalla confinante pista ciclabile (che sostituisce il vecchio percorso della ferrovia), dalla sottostante passeggiata Salvo D’Acquisto, e dai parchi di Villa Nobel e di Villa Ormond, nella prospettiva di poter ricomporre e rendere pubblico un polmone verde di rara bellezza.
L'utilizzo immobiliare privato però, a distanza di tanti anni è rimasto incompiuto e chissà per quanti altri anni, o decenni, ancora continuerà ad esserlo.
(fonti: testi di Andrea Gandolfo, Bruno Giri (nota del 01/2016); immagini da archivio privato)