Pittore, poeta e fotografo italiano

Vittorio Osvaldo TommasiniVittorio Osvaldo Tommasini, detto "FARFA", era nato a Trieste il 10 dicembre 1879.

Aderì al Secondo Futurismo. Quale poeta pubblicò testi poetici in cui sperimentava la disgregazione sintattico-linguistica: "Noi, miliardario della fantasia "(1933), Il poema del candore negro (1934), "Marconia" (1937).
Postumi apparvero i versi della raccolta Farfa poeta record nazionale futurista (1970).

È stato un protagonista del futurismo (attivo a Trieste, Torino, Savona – abitava in Via Istria – e Sanremo, in un misero bilocale), come cartellonista, ceramista, fotografo e poeta. Autore di coloratissime cartopitture e di libri dal carattere bizzarro e dadaista.

Dalla fine degli anni cinquanta fu riscoperto dai surrealisti (Arturo Schwarz, Enrico Baj) e da altri protagonisti dell’avanguardia (Asger Jorn).
È stato inserito da Edoardo Sanguineti nella sua Poesia italiana del Novecento e da Glauco Viazzi ne I poeti del futurismo 1909-1944.

La peculiarità della poesia di Farfa risiede nella compiuta antropomorfizzazione del suo universo di oggetti: un esilarante prestito di identità umane agli oggetti (il «treno», le «rondini», i «vagoni merci», il «trolley», i «tenders», le «locomotive», «il pettine del vento», la «tettoia arcuata come bocca di gitana», «la bocca del tunnel», «i tubi» narrati nell’omonima poesia in un lunghissimo elenco antropizzato e de-funzionalizzato.

Morì il 20 luglio 1964, all'Ospedale Civile di San Remo, dopo essere stato investito da un veicolo a motore non vista sopraggiungere probabilmente a causa della miopia.

Sappiamo infatti che Farfa soffriva di una gravissima forma di miopia ma si rifiutò per tutta la vita di indossare gli occhiali, per cui la sua visione delle cose era soffusa e rarefatta, vedeva solo i contorni degli oggetti e delle persone.
Lasciò migliaia di poesie inedite, da lui medesimo infagottate alla rinfusa in sacchi di juta per il carbone. Nessuno è in grado di dire dove siano andati a finire quei sacchi. 

Riposa nel cimitero monumentale della Foce. 

(Marco Mauro: tratto da Giorgio Linguaglossa)